di Anita Curci
In questo dedalo indisciplinato di
fatti e misfatti si sono fatti strada i pensieri di quelli che qualcuno
definisce “complottisti”, quelli convinti che i tecnici della scienza
nascondano quanto non si possa e si debba divulgare alla massa, e cioè che la
terra è piatta, ad esempio, (chi assicura che le immagini che ci propinano
siano davvero quelle provenienti dai satelliti?!), o che dietro l’altra faccia
della Luna ci osservino flotte di Ufo, e roba del genere. Oppure che antichissimi
extraterrestri siano gli artefici della comparsa dell’uomo sul nostro pianeta
attraverso interventi genetici sulle scimmie primordiali. Fantasie da romanzo,
per qualcuno. Sacrosanta verità, per altri, se si interpretano con perizia le
antiche scritture. Questa è fanta o pseudo-archeologia e fanta o pseudo-scienza.
E, dette così, sembrano brutte parole. I dati, intanto, ci dicono che volumi sul
filone se ne vendono a tonnellate, e se ne sono vendute in passato. Visionari eccelsi, come Peter Kolosimo e Charles Berlitz,
sono stati tradotti in ogni parte del pianeta nonostante i loro libri
“straordinari” non siano mai stati accreditati dal mondo accademico scientifico
e siano stati relegati alla categoria dell’archeologia misteriosa, della pseudo-scienza,
passando per l’esobiologia che, per chi non lo sapesse, è maccheronicamente la biologia
che considera l’esistenza degli extraterrestri.
Per non parlare, poi, della crescente
produzione di servizi a sfondo documentaristico in cui “rivelazioni eclatanti”,
certe volte più spettacolari che attendibili, mettono in crisi le certezze acquisite
negli ultimi duemila anni e accendono i riflettori su nuovi, probabili scenari
sul chi siamo e da dove veniamo; più complesso rispondere alla domanda: dove
stiamo andando? E, allora, pseudo-scienza e pseudo-archeologia non sembrano più
brutte parole o sproloqui, ma evasioni. O speranze. Speranze che, al di là di
tutta questa materia, vi sia anche qualcosa di magico e di spirituale.
Soprattutto quando si ha a che fare con misteri che nessuno ancora ha saputo
spiegare, perché ci piace l’inspiegabile, quello che sotto sotto può celare un
universo fatto di magia, un universo che i razionalisti non sanno definire,
vivisezionare, risolvere. E, allora, via con l’immaginazione. Perché nessuno
dice che non si possa divagare sulle ipotesi più strampalate; proprio quelle
che hanno ispirato i primi scopritori di reperti archeologici, facendogli
percorrere le strade più improbabili, che poi si sono rivelate fruttuose.
Perché l’uomo folle ha un istinto superiore agli altri, cerca risposte in
territori impossibili spinto dalla brama di “scoprire”, di portare alla luce
quello che giace nell’oscurità.
L’archeologia è una disciplina
giudicata giovane perché esercitata in maniera cosciente soltanto
nell’Ottocento con la pratica della conservazione e del concetto di tutela, in
verità lo studio di civiltà e di culture del passato è stato il tarlo fisso
dell’uomo di tutti i tempi. Il desiderio di fare chiarezza, anche con
mirabolanti percorsi non propriamente ragionevoli, sul mistero delle proprie
radici o, diciamolo pure, su “cose” che non si sa chiarire razionalmente, ha
fatto e fa sentire vivo l’uomo curioso. E la curiosità è propria degli esseri
intelligenti.
E perciò non tutte le tesi “attraenti” o apparentemente scriteriate
degli spiriti empirici si dovrebbero considerare interamente screditabili,
rimanendo ‒ nel dubbio e fino a prova contraria – possibilistiche. Restano,
infatti, tuttora inspiegati dalla Medicina e dalla scienza fenomeni, processi
naturali definiti “paranormali”, leggende come quella di Atlantide, per citarne
una, ritrovamenti stile Stonehenge, malattie misteriose (vedi l’encefalite
letargica di cui si ammalò Paul Amadeus Dienach) e persino testimonianze storiche
giunte a noi attraverso ritrovamenti, scavi o fortuite scoperte. E hanno il
diritto di essere spiegate in ogni singolo modo che l’uomo intelligente e
curioso sente di farlo. Sempre fino a prova contraria, come accaduto per il
singolare caso dell’astronauta visibile sul portale nord della Catedral Nueva
di Salamanca in Spagna, costruita dal 1500 al 1700. La presenza di questa
scultura, con scafandro, tubi, suole a carrarmato, scatenò fantasie su esseri
supertecnologici dell’antichità. Fu poi spiegata dagli scultori che, nel
restauro degli anni Novanta, ‘aggiunsero’ elementi simbolici del nostro secolo.
C’è chi ride di fronte a quanti
sostengono che le piramidi o altre mastodontiche strutture ereditate dagli
antichi egizi siano state costruite con tecnologia aliena alla terra. In
effetti, ancora adesso le modalità di costruzione restano un rompicapo, e
probabilmente nemmeno con i mezzi di oggi riusciremmo a costruirne di simili.
Ammantato di mistero, assieme a un milione di altri enigmi, rimangono i disegni
del mitico libro di Dzyan su cui Madame Blavatskij elaborò una complessa teoria
sull’origine dell’universo. Ipotesi su ipotesi
irragionevoli che un giorno forse troveranno risposte. E forse no. Ma nel
dubbio, niente si può ritenere impossibile.
Colin e Damon Wilson nell’introduzione
al loro Grande libro dei misteri irrisolti ci dicono quanto a volte
risulti “incauto e pericoloso” tracciare, o tentare di farlo, una linea di
demarcazione tra quella che può essere considerata una ipotesi stravagante e una
spiegazione ortodossa. Citano il caso dello scienziato e scrittore francese
Jacques Bergier che nel 1957 in una trasmissione televisiva francese spiegò,
generando scalpore, quello che secondo lui era accaduto 65 milioni di anni fa,
quando scomparvero i dinosauri. Questo sì, che è uno dei più grandi misteri
della Preistoria! Secondo Bergier la catastrofe fu causata dall’esplosione di
una supernova innescata da esseri superiori che volevano eliminare dalla faccia
del pianeta i mammiferi, una specie destinata a diventare intelligente. “Se già
la prima parte della teoria venne bollata dagli scienziati come il delirio di
un visionario”, scrivono gli autori, “possiamo immaginare cosa si disse in
merito alla seconda”. Sta di fatto che oggi la tesi più accreditata, dopo
attenti studi, risieda nell’estinzione provocata da una violentissima
collisione con un asteroide. Negli anni Novanta venne scoperta in Messico
una gigantesca struttura circolare sotterranea, nota come cratere di Chicxulub,
che non lascerebbe dubbi: un meteorite avrebbe colpito la Terra a una velocità
di 30 km/s, provocando un urto pari
a quello generato da
circa 5 miliardi di bombe atomiche del tipo di Hiroshima. Allora, il visionario
non era del tutto pazzo.
A questo proposito mi viene in mente la pluriscreditata docu-serie L’antica apocalisse realizzata
dal giornalista Graham
Hancock, recentemente
andata in onda su Netflix. Secondo Hancock alcune civiltà antiche furono supportate
da un mitico e avanzatissimo popolo estinto dopo un disastro naturale… Gli
scienziati non approvano, ma neppure loro si ritrovano la risposta in
tasca.
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