A un "passo" dalle streghe...



 Di Fabio Gaudiosi

Un muro impenetrabile di nebbia si innalza dinanzi a me, obbligandomi a interrompere i miei passi alla ricerca di un muretto al quale appoggiarmi. C’è poco da dire: mi sono perso. Attorno a me vedo solo lo scheletro di alberi senza più foglie, illuminati appena dalla fioca luce del lampione a me vicino. Non riesco a scorgere nient’altro. Faccio per prendere il cellulare dalla tasca, così da scoprire dove mi trovo aprendo le mappe. Appena accendo il display però, vengo messo dinanzi ad un’atroce verità: ho il telefono all’un per cento. Impreco maledicendo la mia sfortuna, cercando nel mentre di aprire il prima possibile l’apposita applicazione, ma la localizzazione riesce solo a suggerirmi che mi trovo ai piedi del passo delle streghe, all’interno della Repubblica di San Marino, prima che lo schermo si spenga, portando con sé tutte le mie speranze di una facile soluzione del problema. Faccio mente locale, ripercorrendo l’itinerario da me percorso durante la prima passeggiata per la città: è passata circa una mezz’ora da quando sono sceso dalla mia camera di hotel, non posso essermi allontanato troppo. D’altronde il receptionist mi aveva avvisato: “Faccia attenzione, il tempo oggi sarà inclemente!”, ma la mia curiosità ancora una volta mal si sposava con la mia imprudenza. Alzo di nuovo lo sguardo verso l’albero di fianco a me e una goccia d’acqua mi bagna il viso. Sta iniziando a piovere, le cose si mettono decisamente male. Muovo un passo in avanti, dicendomi che verso qualche direzione dovrò pure dirigermi, e improvvisamente un fulmine esplode davanti ai miei occhi, facendomi salire il cuore in gola. Sento una mano sulla spalla. Mi giro. C’è un anziano accanto a me, ha lo sguardo torvo, con due occhi profondi che sembrano scrutare l’anima della persona che ha di fronte. “Lei non dovrebbe essere qui con questo tempo - mi dice - si preannuncia una burrasca. Venga a casa mia, le offro un thè nell’attesa che spiova”. Lo ringrazio, seguendolo fino alla porta della sua villetta, pochi metri più avanti. Ritrovo un po’ di caldo, sedendomi di fianco al camino acceso. “Lei ha conosciuto un luogo iconico della nostra Repubblica, un luogo in cui il presente si sposa con il fascino e il mistero del passato. Sono molte le leggende che si narrano su questo passo, ciascuna è tanto vera quanto falsa, ma il valore della verità in questo caso è relativo. Qui ruota tutto intorno alle voci che si sentono mentre lo si attraversa”. Lo guardo interdetto, chiedendogli di spiegarmi meglio, mentre davanti a noi passa un gatto nero che si sdraia sotto le gambe del suo padrone. “Ecco, questa storia potrebbe iniziare proprio dalla mia gatta; nel Medioevo infatti, si riteneva che i felini di questo colore fossero in realtà streghe che volevano impossessarsi dei corpi delle fanciulle della città; erano considerati pericolosissimi, in un’epoca in cui essere accusati di stregoneria era all’ordine del giorno. Ebbene, si chiederà, cosa c’entra questo luogo? Deve sapere che la strada che noi oggi conosciamo come il passo delle streghe fu costruito per una funzione strategica, affinché potesse disporsi di una maggiore e più accurata comunicazione tra le torri difensive della città, attraverso un ponte dal quale si otteneva anche una migliore visibilità delle valli circostanti. Si dà il caso, però, che dal passo vi fosse anche una prospettiva privilegiata dalla quale ammirare la Luna, ragion per cui si diceva che qui si incontrassero le streghe per svolgere i loro antichi rituali. Infatti, una delle leggende racconta che un giorno l’esercito tese un’imboscata ad alcune di quelle donne, proprio quando stavano nel bel mezzo di un rito: una di queste, spaventata, finì per  buttarsi giù e c’è chi ancora oggi sente il suo urlo ogni volta che attraversa il ponte. Ecco perché, come le spiegavo prima, è tutta una questione di voci”. Troppo affascinato da quella storia, gli chiedo di continuare. Quali altre voci avrei potuto sentire attraversando quel passo? “Molte altre, questo è sicuro. C’è chi dice di sentire le voci lamentose dei prigionieri che attraversavano il passo per giungere alle carceri; e poi c’è chi sente le voci di due innamorati. Ebbene, se vuole saperlo, questa è la storia che mi ha sempre colpito di più…”. Lo guardo interrogativo, invitandolo a raccontarmi meglio quella storia a cui si riferiva. “Come le ho detto prima, si raccontava che quel passo fosse rifugio di alcune sedute di magia, condotte da malvagie streghe davanti alla Luna piena. Ebbene, secondo questa ulteriore leggenda, quelli che erano condannati come spregevoli rituali altro non erano che semplici incontri tra donne che gioivano alla vita, danzando e cantando melodie nell’attesa che i propri mariti tornassero nella città. Ma l’invidia e il pregiudizio della popolazione vedevano di cattivo occhio quei ritrovi, etichettandoli come maledetti e impedendo ai concittadini di potervi partecipare in alcun modo. Un giorno però, un giovane uomo troppo curioso si decise a sfidare quei racconti, avvicinandosi al gruppetto di donne. Lì si imbatté in una ragazza bellissima, che lo invitò a ballare insieme a lei. Da allora non si separarono mai più, unendo al Sole delle loro vite la Luna dei loro incontri”. Un rivolo d’acqua scivola verso il basso dalla palpebra dell’anziano, che prontamente provvede ad asciugarsi. “È ora di andare, è tornato il bel tempo” mi dice, accompagnandomi verso la porta d’entrata della casa. Mi accorgo però solo allora che mai avevo chiesto a quell’uomo chi fosse durante la nostra conversazione. Ed ecco che, come se avesse già previsto la mia domanda, questi mi anticipa rispondendomi: “Io sono il custode di questo passo, la sua magia mi tiene vivo. Perché in fondo l’amore è l’incantesimo più potente che ci sia dell’universo. Ma ora vada, prima che si faccia troppo tardi. Attraversi il passo e troverà la via per tornare a casa”. Mentre lo diceva, mi aveva spostato delicatamente fuori la porta, chiudendola poi rapidamente alle mie spalle. Un po’ disorientato, mi decido a seguire le sue parole, imboccando la strada del ponte. Compiuti pochi passi, però, mi accorgo della presenza di un vociare, che sembra provenire da vicino. Mi giro di scatto, ma alle mie spalle non c’è nessuno. Fermandomi, cerco di concentrarmi meglio sui suoni che riesco a captare, rendendomi conto che le voci sembrano due, una maschile e una femminile. Sembrano ridere e scherzare insieme, creando un’unica splendida melodia. Tuttavia, rimango allibito nell’accorgermi che una delle due voci, quella maschile, mi risulta familiare. Dove potevo averla già sentita? Alzo gli occhi verso in cielo, alla ricerca di ispirazione, e mi accorgo che una grande Luna piena splende limpida in mezzo a un cielo pieno di stelle. E all’improvviso tutto mi diventa chiaro: la voce è proprio quella del custode. Riprendo a camminare, con lo sguardo in su verso quella grande sfera luminosa che illumina la via. È la notte delle streghe. E degli innamorati.

 

© Riproduzione Riservata

Commenti