Di Fabio Gaudiosi
C’è un momento nella vita di ogni uomo in cui si spezza un filo, si oltrepassa un confine, si scatena un incendio: è in quell’istante, collocato esattamente tra la fase matura della giovinezza e l’età adulta, che lo sguardo della realtà cambia, diventa diverso, ribelle. La vita, così com’è sempre stata, comincia a puzzare di stantio, ad essere avvertita come distante, lontana. Un leggero prurito rende allergici ad un’esistenza che non si riconosce più allo specchio, ponendo dinanzi ad una decisione irrevocabile: cambiare la propria nave e salpare verso il proprio futuro.
È sulla scorta di questa riflessione che Joseph Conrad cominciava il suo libro “La linea d’ombra”, scrivendo di un tempo remoto, di quando aveva ottenuto il suo primo comando di una nave, sentendosi pronto a riempire di propri passi un sentiero già solcato da altri uomini, ma mai allo stesso modo. Un libro che ispira avventura, tempesta e mistero, che racconta di quella regione crepuscolare dell’esistenza, sospesa tra due poli, divisa da una linea d’ombra, ponendosi da un lato il ripugnante ricordo del proprio passato e, dall’altro, l’impenetrabile direzione della propria rotta. Il protagonista ricorda quei giorni con un sapore agrodolce, riemergono in lui le ansie delle proprie scelte, le paure delle proprie responsabilità, la frenesia della propria determinazione.
L’ambientazione si muove tra mare e terra, aprendosi nel momento in cui il narratore assume la decisione di voler lasciare definitivamente la nave in cui era primo ufficiale, per fare nuovamente ritorno a casa. Eppure, una volta libero, è restio a lasciare il porto (quello di Singapore), a informarsi su quale nave torni in patria: rimane vigile, apparentemente apolide, senza la certezza di una destinazione. Il fascino del destino è che non svela mai le sue trame, riuscendo puntualmente a disattendere le aspettative dell’uomo: l’illusione delle proprie vite si nasconde proprio nel suo continuo nascondersi, rendendo inaccessibile ogni prevedibilità. Improvvisamente al protagonista giunge una lettera: una nave cerca un capitano e il profilo ritenuto più adeguato è il suo. A un tratto tutto si fa chiaro, la sete della propria insoddisfazione si abbevera nel significato che quel prestigioso ruolo assume per la propria vita. Accettare la proposta diventa l’unica via percorribile.
Eppure, attraversare la propria linea d’ombra richiede un sacrificio, una rinuncia; come un rito di passaggio, vi deve essere un evento che stravolga la vita e che cambi per sempre la propria percezione del mondo. Un’esperienza in cui l’uomo possa conoscere la sua natura più recondita, più nascosta, in cui possa venire a contatto con la morte, per poi rinascere di nuovo. Il protagonista, infatti, condotto a Bangkok dove è ancorata la sua nuova nave, scopre ben presto che questa è vittima di un sortilegio lanciato dal suo vecchio capitano, il quale avrebbe voluta affondarla. Il suo fantasma aleggia nella profondità del mare, impantanando la nave per giorni e giorni nel vuoto della sua maledizione. Il veliero è perso, in balia di brezze impossibili da prevedere. L’equipaggio, intanto, vive un’epidemia che lascia pochi superstiti senza forze a governare una nave senza più direzione. Il nuovo capitano vive il peso dei propri fantasmi, l’angoscia del proprio silenzio e il dubbio della propria meta. Fin quando un’ultima agghiacciante risata trascina i marinai nel clamore della tempesta, cercando con un ultimo impeto di risucchiare la nave nell’abisso. Il coraggio, la tenacia e l’abilità dei marinai non consentono però che l’albero delle loro vite possa spezzarsi e nonostante tutto resistono, rispettando l’attesa del proprio destino. Improvvisamente tutto cambia, un fascio di luce e di fortuna colpisce nuovamente le vele dell’imbarcazione, che riesce, salva, a trovare riparo nel porto di Singapore.
Si chiude così il libro, sigillando la conclusione del rito, che fa tornare il protagonista nello stesso luogo in cui la storia era iniziata. La linea d’ombra ormai è oltrepassata, nello sguardo dell’uomo ormai la giovinezza è appassita, lasciando spazio al colore della propria memoria. “La linea d’ombra” testimonia un passaggio, quel violento processo di crescita a cui ogni uomo è condannato per prendere in mano la sua vita. Conrad fotografa con il suo inconfondibile stile la cifra della sua memoria, mettendo in guardia l’uomo, il cui pericolo maggiore si nasconde nell’anima, “quella comune nemica che il suo duro destino gli imponeva di portare consapevolmente nel suo petto fedele”.
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