Di Denise Antonietti
Francesco
Gullino ha 76 anni quando il Destino bussa alla sua porta, l’8 agosto 2021.
Lui si alza, un
po’ acciaccato, va ad aprire.
C’è da dire in
sua difesa che nessuno riconosce il Destino, quando arriva a presentare il
conto.
Neppure una
vecchia spia.
Neppure lui,
che il 7 settembre di quarantatré anni prima, del Destino aveva indossato
l’abito fatale.
Ma andiamo con
ordine: Gullino ora è in pensione, ha chiuso col passato. Alcuni giorni prima,
un regista e giornalista danese, Ulrik Skotte, è venuto per intervistarlo.
Anche a lui ha aperto, lo ha fatto entrare, gli ha offerto qualcosa da bere.
Hanno parlato. Di Waterloo Bridge, naturalmente, e molto altro; poi il
giornalista è andato via.
Magari è ancora
lui, è tornato a trovarlo.
Bussano,
Gullino apre.
Chi abbia
trovato sulla soglia di casa non ci è dato di saperlo. In realtà, non siamo
nemmeno sicuri che ci fosse qualcuno in carne e ossa, alla porta, quel mattino:
mancanza di prove.
La sola cosa
che sappiamo per certo è che, pochi giorni dopo aver parlato con Skotte,
Francesco Gullino viene ritrovato cadavere in casa sua.
Morte naturale
di un pensionato nelle campagne austriache.
Fine della
storia.
Ma quale
storia?
Toc-toc.
Prima bussata
La carriera di
agente di Francesco Gullino inizia molto lontano dalle accademie militari o
dalle università in cui vengono reclutati la maggior parte dei suoi colleghi
russi, inglesi e americani: lui lo ripescano da una prigione bulgara, dove si
era fatto sbattere per contrabbando. Un errore stupido, che si poteva evitare,
e che invece gli cambierà la vita: da quel giorno in avanti, Gullino — nome in
codice Piccadilly — continua a saltare da un lato all’altro dell’Europa, ma non
contrabbanda più droga e sigarette. La merce in questione diventano dossier,
informazioni, segreti.
È bravo: dopo
l’arresto in Bulgaria ha imparato la lezione, ha giurato che non lo beccheranno
più.
Mantiene la
promessa.
Così, quando
arriva il momento di tentare l’impossibile, la Darzhavna Sigurnost non ha
dubbi: l’operazione va affidata a Piccadilly.
Toc-toc.
Seconda bussata
Londra, 1978
Obiettivo:
eliminare Wanderer, aka Georgi Markov, un dissidente bulgaro che ha trovato
asilo nel Regno Unito e collabora con BBC, Radio Free Europe e Deutsche Welle.
Per la verità
ci hanno già provato altre due volte, ad ammazzare Markov: prima a Parigi, in
maggio, poi in Sardegna, a giugno. Niente da fare: il giornalista non vuole
saperne di andarsene al Creatore.
Al che, i
bulgari sfoderano l’artiglieria pesante: chiedono aiuto al KGB.
E qui, bisogna
dirlo, i russi creano il capolavoro. Una di quelle cose che se non fosse
successa davvero, uno scrittore di spy stories non avrebbe il coraggio di
scriverla.
La scelta della
modalità per l’omicidio è facile: avvelenamento. Tossina prescelta: ricina, una
proteina estratta dal Ricinus communis. Bassissima dose letale, e nessun
antidoto. Somministrazione: sottocutanea.
Strumento di
inoculazione: …un ombrello.
Avete capito
bene: un parapioggia nero, come se ne vedono a centinaia per le strade di
Londra.
Quello che i
tecnici del KGB affidano a Piccadilly per la missione, però, è un ombrello
speciale: al suo interno è nascosto un meccanismo che, azionato al momento
opportuno, scaglierà un dardo avvelenato nella gamba del dissidente.
Piccadilly
prende l’ombrello, raggiunge Waterloo Bridge, dove Markov tutti i giorni
aspetta l’autobus per andare al lavoro, e colpisce, per poi dileguarsi tra la
folla.
Markov morirà
in ospedale quattro giorni più tardi.
Di Piccadilly,
invece, per quasi quindici anni, non si conoscerà neanche l’esistenza.
Toc-toc.
Terza bussata
Siamo tornati
all’agosto 2021.
Gullino ora è
tranquillo, Piccadilly gode del meritato riposo. Per un po’ era stato sui radar
degli inquirenti: nel ‘93 lo hanno interrogato per 11 ore, cercando di
incriminarlo per l’omicidio Markov, ma lui non ha mai parlato. Rilasciato per
mancanza di prove.
Nel 2008 la
storia riemerge grazie al giornalista bulgaro Hristo Hristov, ma con lo stesso
risultato.
Nel 2013 il
caso viene chiuso.
Quarantatré
anni di silenzio. Quando Ulrik Skotte bussa, Gullino lo prende come un segno: è
arrivato il momento di raccontare.
Non possiamo
saperlo: supponiamo.
Supponiamo che
Piccadilly, finalmente, si alleggerisca la coscienza, e dica tutto. Dopo tanto
tempo, forse, crede che non importi più a nessuno.
Ma le spie non
dimenticano.
Toc-toc.
Francesco
Gullino apre, e incontra il proprio epilogo.
Morte naturale?
Può darsi.
Il corpo,
comunque, è stato cremato: se anche il Destino avesse lasciato qualche traccia,
noi non la troveremo mai.
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