“Il vizio del lupo” di Gualducci, un thriller che racconta la bellezza della spietata normalità

 

Di Claudia Siano

Gianluca Gualducci è autore di un thriller intitolato Il vizio del lupo, che tutto sembra fuorché un esordio letterario. Edito Piemme, il libro si dispiega in quattrocento pagine di esperienza immersiva in una storia tutta adrenalina e saliscendi. Un giallo ambientato in Emilia-Romagna, con riferimento Bologna, la quale, spesso nei romanzi gialli viene resa protagonista delle sue peculiarità, dei suoi portici, delle sue prelibatezze culinarie, contornata delle torri misteriose della superba Bologna. E invece, in controtendenza, nel libro di Gualducci la città non è il fulcro del romanzo, è una cornice, è un luogo come un altro, in cui un uomo si trova a vivere, o a sopravvivere nella sua spietata normalità, nella sua routine fatta di chiacchiere con Tonino nella locanda e donne diverse che richiamano la sua attenzione. Mannari è un uomo semplice, che conduce una vita come tante altre, in un posto come tanti altri. Di quelli che sanno godersi una vita anonima, tranquilla, persino noiosa a volte, i tratti caratteristici di chi sa apprezzare le piccole cose della vita. E poi, di punto in bianco, immaginatelo ritrovarsi improvvisamente nelle pagine di giornale, accusato di omicidio. Quest’ uomo si chiama Gianluca Mannari, il nome del protagonista richiama quello dell’autore e porta a una riflessione sul legame autore-personaggio. Eppure, è il soprannome a dominare nel libro, dove l’autore si diverte a giocare con il cognome attribuito al protagonista, Gianluca Mannari, detto Lupo. Il mistero che si cela nelle pagine ad una prima lettura non risiede tanto nella volontà di scoprire chi sia l’assassino o gli assassini dei vari delitti che vengono presentati, bensì capire Lupo, se sia innocente o meno, ed è quella la ragione che porta ad arrivare a pagina 400. La capacità che il lettore deve avere nella risoluzione del mistero, è quella di riuscire a capire un uomo con i suoi discorsi, con le sue debolezze, con il contorno che lo circonda, entrando nei suoi pensieri. Ecco, il lettore deve diventare giudice di una sentenza, deve scegliere se credere a Lupo o non farlo, deve avvicinarsi al protagonista e distanziarsi, per poter essere un detective quanto più oggettivo possibile, prima che l’autore riveli tutta la verità. Il principale omicidio è quello ai danni di Glauco Bonazzi, fratello di Eva, che intraprende una conoscenza con Lupo stesso. Il quale però è affascinato anche da Nina Bonciani, il viceispettore integerrimo che deve capire se il Mannari sia colpevole o meno di quanto successo. Anche Nina ha dei timori, ha timore dello sguardo fuori luogo di Sarte Raimondi che le squadra il seno messo in risalto dal dolcevita, che in un attimo permette al delinquente di farla sentire una «comparsa di un filmetto di serie B, la modella e il produttore». Il rovescio della medaglia, la capacità di frugare nelle debolezze altrui, il fastidio di vedere una donna ricoprire un ruolo importante, sono tutte tematiche che risaltano in questo romanzo, che in qualche modo denuncia. I dialoghi tra Nina e Lupo, infatti, sono tra le costruzioni d’autore più ricercate, permettono un continuo ping-pong nel bivio che oscilla tra colpevolezza e innocenza, tra domande, risposte, dubbi e attrazione che vibra tra i due personaggi, ci si chiede Nina cosa pensi di Lupo, e se il parere di Nina sia influenzato da qualche sentimento nei suoi confronti o sia oggettivo, se possiamo fidarci di lei in quanto ispettore o in quanto donna innamorata. Non è una storia idilliaca, è una storia dove compaiono delle personalità presenti nella società: fragili, normali, incoerenti, paurose, a volte determinate, a volte incostanti. Gualducci quasi come se avesse fatto una trasposizione anno 2025, della Commedia umana di Balzac, crea un affresco ricco di sfaccettature dell’essere umano. Ci sono i tipi fissi, i tipi che mutano, le loro possibilità e le loro innumerevoli combinazioni. Quieto vivere e abitudine o coraggio di seguire i propri desideri? Lupo risponde con le azioni a questa domanda esistenziale, con le sue scelte, con la sua perseveranza. Ora sta a voi capire se Lupo è un buono o un cattivo, se perde il pelo ma non il vizio, e soprattutto qual è questo vizio che conferisce il nome al libro.

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