Di Claudia Siano
Vincente
sin dal titolo il romanzo di Andrea Santucci, “L’Avvocata dell’Avvocata” edito
da Golem Edizioni nel 2024. Si racconta la storia di una donna alle prese con
la sua professione di avvocato, per la prima volta, perlopiù con un caso in
tribunale particolarmente complesso. La protagonista è Maria Grazia Ragonese,
come anticipato sin dal titolo, l’avvocata del quartiere “Avvocata”, eppure è
un appellativo un po’ riduttivo, così come tutte le volte in cui per il solo
fatto di essere donna non si è sentita all’altezza del suo lavoro. Forse per il
tempo che sente di togliere a suo figlio Salvatore, percependo sulle proprie
spalle il peso di essere una madre assente durante l’esercizio della sua
professione. Oppure per le difficoltà nel continuo confrontarsi con un mondo
che troppo spesso tende a sminuire la donna, a rinchiuderla in stereotipi, dai
quali bisogna continuamente domandarsi se si è immuni. Crediamo continuamente
di essere in grado di giudicare gli altri non conoscendone la storia, le
sofferenze, le difficoltà, come ha fatto la stessa avvocata all’inizio con la
sua cliente Zita Giuliani, ed è per questo che tante volte ci sbagliamo, così
come Maria Grazia si ricrederà su Zita, e come tutti i suoi colleghi si
ricrederanno su Maria Grazia, e lei dei suoi colleghi, colei che era stata
sottovalutata prima da sé stessa e poi dagli altri. Più difficile è invece comprendere
l’altra donna del romanzo, l’imputata Giuliani, accusata di aborto e di omicidio
ai danni di Raffaella Scaletta, donna con precedenti penali e che aveva fatto
già abortire varie ragazze in passato. Un giallo intricatissimo che ti guida e
ti devia continuamente, nel tentativo di una ricomposizione quasi impossibile di
fili aggrovigliati, in un gomitolo che non si riesce a sbrogliare. Chi ha
ucciso Raffaella? E soprattutto, i due delitti sono collegati tra loro? Maria
Grazia ha la responsabilità di dimostrare un’innocenza complicata, priva di
testimonianze dimostrabili, contro una famiglia potente, senza ricordi vividi e
con un’aggravante in aggiunta a dimostrare l’innocenza della sua cliente, lo
stupro ai danni di Zita in seguito al quale sarebbe rimasta incinta e
l’induzione da parte di qualcuno ad abortire. Eppure, gran parte dell’indagine
si sofferma sulle sentenze che in tribunale si susseguono, si comprende come,
attraverso la tenacia quale quella della Ragonese, si possano raggiungere dei
risultati inattesi. Tenacia che diventa necessità di sgomitare per prendersi un
posto nel mondo e per ridarlo a Zita, una donna vittima di pregiudizi sul suo
passato che ritorna a piombare a suo sfavore anche quando non sarebbe in alcun
modo pertinente. Andrea Santucci si sofferma, infatti, anche sulla brama che
alberga in Maria Grazia di volere giustizia per Zita, per sé stessa, per tutte
le donne, come per la moglie del fratello che con Zita stessa era stata tradita
in passato, per dimostrare qualcosa a tutte quelle donne che anche solo una
volta si sono sentite inadeguate a vestire i panni di una professione, come quella
dell’avvocatura, ma come emblema di tante altre. La presa di consapevolezza
dell’Avvocata di aver giudicato male all’inizio Zita, come scrive l’autore in
tono provocatorio all’interno del romanzo, atto a suscitare una forte
riflessione, Zita era “una di quelle donne in grado di fare quel genere di
cose”. Lo stesso fratello di Maria Grazia, Antonio, che, nel momento in cui le
ha affidato il caso non era stato sincero con sua moglie, il Pm Russo Perez e
persino l’ispettore Averna, rappresentano un intero palcoscenico di attori
possibili, ma non solo in tribunale, anche a scuola, in una catena alimentare,
in un’azienda. Santucci racconta un sistema di personaggi che si rivelano di
grande spicco e grande aiuto alla protagonista, a quella Maria Grazia
diffidente, con la paura del mondo e tutti quei sogni in borsa, che fino a quel
momento erano stati chiusi nel cassetto. Non sempre tutto è come crediamo, e
questo giallo ce lo insegna, perché i pregiudizi vanno combattuti ogni giorno,
come impara a fare Maria Grazia, non dormendo la notte, non godendosi neanche
le sue giornate positive, non concedendosi neanche la possibilità di fermarsi e
respirare. L’ Avvocata si deve reinventare e per farlo usa dei modi non sempre
eticamente corretti, pur di difendere Zita. Oltre il lavoro dell’Avvocata,
oltre la sua propria battaglia personale, Santucci lascia aperte più finestre
nel suo romanzo, nelle quali possiamo scegliere cosa guardare e da che parte
girarci, quel lato sarà sempre distorto, perché visto soltanto da una delle
parti. È sempre possibile uno stravolgimento e talvolta emerge il dovere di
cambiare idea. L’unico modo di farlo è seguire il percorso di Maria Grazia,
introiettando dentro di noi gli errori inevitabili, accettando la fallibilità per
migliorarci ogni giorno.
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