"La crepa del silenzio" di Javier Castillo è un thriller psicologico e giornalistico, che fonde mistero, denuncia sociale e riflessione etica sul ruolo dei media
Di Gaia Cimbalo
La crepa del silenzio di Javier Castillo, una delle voci più celebri di questo ultimo periodo,
un successo improvviso e innegabile che ha investito anche questo romanzo della
saga che ha per protagonista l’amatissima giornalista Miren Triggs.
La crepa del silenzio, edito da
Salani, è un thriller psicologico e giornalistico, ambientato tra il 1981 e il
2011, che fonde mistero, denuncia sociale e riflessione etica sul ruolo dei
media.
Javier Castillo, già noto per i suoi romanzi di suspense,
qui costruisce la sua opera più matura: meno incentrata sul colpo di scena, più
sulla verità morale che i personaggi faticano a pronunciare, concludendo così
il ciclo di romanzi iniziato con La ragazza della neve.
La giornalista Miren Triggs, dopo aver scritto con il
collega Jim Schmoer un libro sul caso della misteriosa Alice Amber, si trova
coinvolta in un nuovo intreccio di scomparse, silenzi e verità sepolte.
Un caso del passato – la sparizione del piccolo Daniel
Miller nel 1981 – torna a galla insieme a un’altra scomparsa dimenticata:
quella di un bambino messicano, ignorato dai media e dalla polizia. Miren verrà
aiutata nella sua ricerca dallo stesso Jim e da Ben Miller, padre di Daniel ed
ex agente del FBI, ancora dilaniato dalla scomparsa del figlio.
Mentre Miren indaga, deve affrontare anche la violenza
del potere, la manipolazione della stampa e il proprio senso di colpa.
La trama si sviluppa attraverso una composizione formale
particolarmente complessa, che riflette icasticamente i temi di cui l’autore
vuole parlare: ci sono molti salti temporali e cambi di punti di vista, ritmo
serrato e cinematografico con ellissi continue che rispecchiano l’ignoranza dei
personaggi, spesso sulla loro stessa vita, la conseguenza tangibile di silenzi
che danneggiano vite e memorie.
Uno dei temi principali è reso chiaro proprio dal titolo del
romanzo; una riflessione su come anche qualcosa di insignificante come una
crepa possa fare la differenza e rompere il silenzio, quel silenzio che
impediva alla verità di vedere la luce.
Castillo lo trasforma in una metafora della società: non
è solo l’omertà, ma anche l’indifferenza di chi sceglie di non guardare.
Diventa una colpa collettiva, che modifica le coscienze e gli obblighi morali: sulla
base di quale principio etico è possibile scegliere cosa merita la nostra risonanza e cosa l’oblio?
Una domanda che
lo scrittore rivolge ad ogni lettore, ma che è indirizzata specificatamente al
mondo del giornalismo. La copertura
mediatica può offrire una lente di ingrandimento su quello che succede nel
mondo, può deformare la verità, o raccontarne solo una parte.
Lo scrittore sottolinea la responsabilità e il potere che
da tale mestiere deriva tramite gli occhi di Miren, che si indigna per le
ineguaglianze e le ingiustizie che vede perpetrate, in particolare nella
differente trattazione delle due scomparse sopracitate: quella di Daniel e del
ragazzino messicano. Nonostante la triste somiglianza dei due casi, del secondo
ragazzo non conosciamo nemmeno il nome: una vittima è degna di essere
raccontata, l’altra scompare davvero, del tutto. Lo sdegno della donna ci fa
riflettere sulla vicenda e sulla deontologia del suo lavoro, che per lei incarna
la tensione tra il raccontare e il rispettare, tra l’investigazione e l’etica:
la sua missione è rompere il silenzio senza trasformare la sofferenza in
spettacolo.
Un altro tema caro all’autore è la memoria come ferita: attraverso
registrazioni, cassette, ricordi frammentari, Castillo esplora il modo in cui
ricordare diventa una forma di sopravvivenza, ma anche di dolore. La
protagonista ha ricorrenti vuoti di memoria e incapacità di rammentare, la
verità è per lei un fardello pesantissimo: da un lato vorrebbe conoscere tutta
la sua vita, dall’altro per lei l’ignoranza è una forma di salvezza, un’ancora
che le impedisce di non precipitare nell’abisso del suo trauma. Ma sarà solo la
conoscenza, la scoperta di sé e di quello che è stato a renderla davvero
libera, nonostante tutto il dolore che ciò le causerà.
Anche l’ambientazione non è casuale. Pur essendo
spagnolo, Castillo ambienta la storia a New York, città simbolica e universale,
onnipresente nell’immaginario collettivo. La metropoli diventa così il perfetto
non-luogo: ciò che accade lì potrebbe succedere ovunque. E, in effetti, il
messaggio dell’autore ci riguarda tutti.
La crepa del silenzio è un thriller intelligente e
potente, in cui l’intrattenimento si fonde con l’impegno sociale. Castillo non
si limita a raccontare una storia, ma ci invita a riflettere su chi ha il
diritto di essere ascoltato, su quanto vale una vita, e su cosa possiamo fare – nel nostro piccolo – per rompere il silenzio.
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