"L'affare Simenon" di Tiziano Fratus, edizioni Solferino. Un viaggio attraverso i romanzi dell'indimenticabile scrittore belga
Di Fabio Gaudiosi
Quando Tiziano Fratus ha promesso di scrivere un libro
in cui avrebbe cercato di concentrare tutta la propria conoscenza su Georges
Simenon non scherzava, anzi era decisamente serio. L’affare Simenon,
edito da Solferino (22,90 euro), è un saggio brillante, stimolante, geniale,
con il quale l’autore rende omaggio a uno dei più grandi scrittori del secolo
scorso. Il libro si presenta come un vero e proprio vademecum letterario di
Simenon, con tanto di analisi della sua cospicua produzione proposta libro per
libro, restituendone al lettore un’immagine estremamente nitida. Inoltre,
Fratus opta per un approccio appassionante nell’affrontare le tematiche presenti
all’interno dei romanzi del maestro belga, senza rinunciare però ad una forma
di scientificità, proponendo costantemente titoli ed esempi in cui poter
rinvenire quanto sostenuto. Con una prosa precisa e mai pedante, L’affare
Simenon è un saggio che stimola costantemente la curiosità del lettore,
mettendo a nudo la grandezza di un autore che ha reso i suoi personaggi
perfetti proprio perché perfettamente umani.
E infatti anche i personaggi che
incontriamo nei romanzi, sia nei romanzi duri quanto nei Maigret, sono immersi
nelle loro faccende, affaccendatissimi nelle professioni, nelle loro esistenze,
nel modo comunque di tirare a campare. La sua costante ricerca di storie lo
incollava alla realtà, un affamato inesauribile, inappagabile, ecco perché
scriveva […].
La fame di Simenon, quella di afferrare la realtà in tutte le sfaccettature, di conoscere e scoprire l’uomo nella sua interiorità, ha reso i suoi protagonisti memorabili. Quasi rispettando un patto stretto a vita con i suoi lettori, l’autore ha sempre scritto di «vita vera», senza accontentarsi mai delle opache cartoline della finzione. Simenon entrava nei meandri delle vite delle persone che incontrava, le indagava, cercava di assorbirne la storia, l’unicità, il fascino dell’irreplicabile, scandagliandone i tormenti, insinuandosi nei sentimenti contrastanti che vi abitavano attorno. Perché è proprio nelle sottili increspature sulla pelle, nelle «ore di inquietudine o di sofferenza […] iscritte in linee nette e profondamente tracciate» che l’uomo conosce il proprio destino, lo specchio nebuloso di ciò che ci attende, compagno affidabile per alcuni, nemico insuperabile per altri. Gli individui non possono opporvisi, non è concesso loro di sfidare l’eventualità del male che incombe ineluttabile nella propria vita, poiché «la trama, l’ordito della loro anima pare inossidabile quanto inalterabile».
Molti assassini degli intrecci
maigrettiani sembrano destinati a commettere quegli omicidi, anche se ci
provano, talora, a non farlo, a resistere, a tentare di vivere diversamente. Ma
Stan il polacco, lo spietato omicida […] è fatto così, Pietr il lettone è fatto
così, i fratelli Rico sono fatti così.
C’è una domanda, dirompente, che Fratus si pone
analizzando la prosa di Simenon, spiazzando il lettore nel mezzo del saggio: «E
dunque l’uomo è solo?». La risposta è inevitabilmente positiva, l’uomo è solo,
eppure ancora non isolato. È qui che si scopre il punto nevralgico del pensiero
dello scrittore belga, nella possibilità di trovare salvezza, di rifugiarsi dal
male nei sentimenti «di estrema dolcezza» che animano i rapporti umani,
restituendo speranza verso la vita. «Il destino non è necessariamente
malevolo», deve tracciare il proprio corso, ma all’uomo è dato il compito di
saperlo attendere, di saper aspettare, di sapersi tuffare nelle cose al momento
giusto per non soccombervi.
E dunque l’uomo è solo? Sì, l’individuo in
questa società rude e sofferente è solo, è solo nell’immobile, indisturbabile,
immutabile campagna quanto nella proliferante e brulicante città, ma non siamo
ancora, nonostante tutto, alla città dei “soli individui”.
Fratus indaga anche sul rapporto che si instaura tra i
protagonisti di Simenon e l’ambiente loro circostante, un rapporto
complementare, denso, in cui entrambi tendono a nutrirsi a vicenda. Gli
individui sono il destino che li abita e i luoghi in cui essi abitano, vi è una
sovrapposizione, un’integrazione di elementi. Lo spazio prende vita come fa
anche il tempo, che con i suoi ricordi costruisce storie incerte, bizzarre e
geniali. Il tempo colore le cose, le riempie di dettagli, regala sfumature
nuove con cui guardare la realtà. In questo modo i lettori di Simenon vengono
costantemente stimolati da elementi nuovi, inseguendo il gioco della vita in
cui vengono coinvolti i suoi protagonisti.
Indagare i luoghi serve anche per
scandagliare i tormenti che si radicano nelle anime dei suoi abitanti, e dunque
un mare minaccioso e scuro può adombrare sentimenti contrastanti, una giornata
di sole può alimentare e simboleggiare frenesia, voglia di novità,
disponibilità, incontri, amori, passioni.
L’affare Simenon
è quindi un ritratto saggistico che Fratus destina a un autore che seppe fare
della vita una poesia, che rese la realtà ancor più sorprendente della
fantasia, guardando i racconti degli uomini nella loro commovente unicità. Come
un pescatore che ammira il mare guardandolo con rispetto poiché dalle sue profondità
nasce la vita, Simenon visse guardando l’esistenza degli uomini in ogni sua
forma, accogliendola, comprendendola e rendendola storia da raccontare.
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