Di Gaia Cimbalo
Durante il Campania Libri Festival sono stati in numerosi
a ricordare Camilleri in occasione del suo centenario, ma l’intervento più
atteso era sicuramente quello di Luca Zingaretti, che ha interpretato il
celeberrimo Salvo Montalbano per ben vent’anni e successivamente è stato anche
regista di alcuni episodi.
Zingaretti ci parla dunque della sua esperienza e di
questi vent’anni trascorsi tra colleghi e amici, del suo rapporto con Camilleri
e delle sfide incontrate lungo il cammino dell’adattamento sullo schermo di un
personaggio tanto amato.
Camilleri era stato un insegnante di Zingaretti durante
la sua formazione in accademia, un professore illuminato, rispettoso della
gioventù e dell’inesperienza.
Per molti anni Zingaretti recita in teatro fino a che un
bel giorno non legge per la prima volta La voce del violino e, come
tutti noi, si innamora istantaneamente di Montalbano e della scrittura del suo
vecchio maestro. Dunque, quando si parla di un adattamento sul piccolo schermo,
l’attore si precipita ai provini e, dopo mesi di attesa, ottiene la parte e
diventa il personaggio iconico che tutti conosciamo.
Ma come è riuscito a fargli prendere vita? Il metodo dell’interprete
consiste nello scrivere: ha un taccuino che porta sempre con sé in cui fa
vivere il suo personaggio fra le pagine, annota tutto e lo usa come guida, per
immedesimarsi meglio nel commissario.
Una delle sfide della trasposizione dell’opera era
sicuramente la difficoltà di adattare la pagina al piccolo schermo e l’attore
rivela escamotage e trucchi utilizzati sul set per renderlo uno scambio
arricchente. Ad esempio, il regista Alberto Sironi aveva avuto l’intuizione che
sarebbe stato meglio togliere le macchine dallo sfondo della serie, per far
camminare il protagonista per queste strade vuote, deserte: la volontà era
quella di creare un tempo senza tempo, un mondo sospeso.
Adattare significa tradire, ci dice Zingaretti, ma mezzi
diversi consentono codici comunicativi differenti e quello che si perde in un
versante si può guadagnare in un altro. È la prova ma anche la bellezza della
transmedialità.
In occasione del centenario l’attore ha letto Autodifesa
di Caino una pièce teatrale, che segue il suo successo al Teatro di
Siracusa con Conversazione su Tiresia, un testamento intellettuale che
eterni per sempre il suo messaggio. La rappresentazione di Conversazione su Tiresia,
oracolo cieco, è stato un momento fondamentale per Camilleri, il suo primo
contatto reale col pubblico, ma anche il suo congedo; nonostante ciò, aveva
avuto il suo sentore di eternità.
Definire dove risieda il successo della scrittura di
Camilleri è arduo, ma sicuramente lo scrittore ha fatto parte di una
rivoluzione linguistica e tematica. I suoi successi sono principalmente romanzi
gialli, ma l’obiettivo dei suoi scritti non è mai solo trovare il colpevole, ma
districare una trama fatta di politica, intrighi, inganni, una società che ci
riguarda tutti, con i suoi personaggi imperfetti.
Forse è questa la carta vincente del commissario
Montalbano: sé stesso, un antieroe moderno in cui è impossibile non
identificarsi, un uomo che sbaglia, inciampa, ma non perde mai la sua
grandezza.
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