“Pasolini: ordine eseguito” di Simona Zecchi, Ponte alle Grazie. L’inchiesta definitiva sui responsabili e i moventi del più atroce crimine italiano

 


Di Carmine Parolisi

La verità è fatta di molte facce, diventa difficile da individuare e da riconoscere in mezzo a tante versioni possibili, si trasforma a seconda di chi la cerca, di chi la insegue e poi cambia strada. C’è poi chi la affronta, ma senza rigore, o chi, come Pier Paolo Pasolini, la trova e la innalza al di sopra di tutto con lo scopo di restituire il giusto valore alla dignità umana.

Una coscienza individuale come la sua, incredibilmente lucida, si contrappone alla coscienza nazionale che ha scelto il silenzio riguardo la sua tragica fine avvenuta all’Idroscalo di Ostia nella notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975, frutto di tante ricostruzioni disparate che nel tempo hanno dato origine a teorie di matrice diversa.

La scrittrice e giornalista Simona Zecchi, alla pari di un’esaminatrice investigativa, ha dedicato anni di ricerca e di studio confluiti nel volume Pasolini: ordine eseguito, edito da Ponte alle Grazie. Ricerche sacrosante, dal momento che dietro un caso irrisolto e prematuramente archiviato come delitto a sfondo sessuale, si celano da anni tanti punti critici relativi al rapporto tra l’autore e il contesto socioculturale di riferimento (gli Anni di Piombo, l’Italia delle stragi e delle tensioni politiche) contro il quale Pasolini si è sempre scagliato nelle vesti di un intellettuale corsaro che denuncia e smaschera le ipocrisie del suo tempo.

Districare la matassa di ipotesi che sono emerse nel corso del tempo è divenuto l’obiettivo di Zecchi, con la creazione di un progetto ricco di testimonianze sia scritte che visive, le quali tracciano una cronistoria che si dipana tra le cause e gli effetti del caso. Difatti, a cinquant’anni da quel drammatico evento, ci chiediamo ancora come siano andati realmente i fatti e quale, tra le tante, sia la pista più affidabile da seguire.

Nel sapere comune rientra la sentenza definitiva confermata dalla Cassazione nel 1979, che vede Pino Pelosi come unico colpevole dell’omicidio. Tuttavia questo esito costituisce soltanto lo strato più esterno del cumulo di teorie che si aggirano attorno a quella notte, se pensiamo che le stesse dichiarazioni del condannato sono state poi ritrattate nel 2005, elemento chiave che attesta l’alto livello di complessità del movente.

Con il supporto di una documentazione inedita, fatta di sentenze, verbali, sopralluoghi e perizie fotografiche, vengono svelati al lettore aspetti nuovi e cruciali. Possiamo sin da subito smentire la presenza di un solo aggressore sulla scena del crimine e a darne la prova sono sia le tracce ematiche rilevate sugli abiti del corpo martoriato di Pasolini ricoperto di fango, sia le tracce sul terreno della sua automobile, un’Alfa Romeo Giulia GT, e di un’altra a seguire di dubbia appartenenza.

Soffermarsi sugli ultimi anni dell’esistenza del cantore delle borgate romane, ci aiuta a capirne di più sulle ragioni di un giallo che divide e fa ancora discutere. Tra prove occultate, versioni confusionarie e complici mai individuati, l’autrice del libro esamina ogni tassello del materiale giudiziario raccolto per giungere poi, nella seconda parte, all’attività giornalistica di Pasolini, allo scambio epistolare con Giovanni Ventura e alla genesi dell’ultimo romanzo incompiuto, pubblicato postumo, dal titolo Petrolio.

Tutti questi elementi rappresentano degli snodi fondamentali che avallano l’idea di un omicidio di natura politica (versione appoggiata anche da Oriana Fallaci), poiché lo posero al centro di numerosi dibattiti e controversie sia con gli ambienti di destra che con quelli di una sinistra che non combatteva nel concreto le intolleranze, limitandosi ad una forma superficiale di antifascismo. Erano i duri anni dello stragismo e Pasolini, in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, affermò di conoscere i responsabili della strage di piazza Fontana avvenuta il 12 dicembre del 1969 (oltre a quelle di Brescia e Bologna), il primo evento che segnò l’apice dell’efferatezza degli estremisti di destra nella storia della Repubblica. L’articolo in questione, intitolato “Cos’è questo golpe? Io so”, racchiude il macrocosmo di un pensiero libero e indipendente che lo condannò alla gogna sociale, di un sistema di idee che ha sempre lottato contro le convenzioni e che, ad oggi, possiamo ritenere essere il più profetico in assoluto. Il libro di Simona Zecchi sottolinea così il ruolo divisivo di un intellettuale che continua a parlarci e a scuotere coscienze.

 

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