Di Roberta Verde
Ogni volta che in aula sentivo recitare a un testimone la formula di impegno, per me era come se in realtà stesse dicendo: “io sto mentendo”...
Sto mentendo (ed. Il Giallo Mondadori) è un legal thriller d’autore. Lo si capisce fin dal
prologo, dove riecheggiano le tetre atmosfere
del capolavoro di Fritz Lang “M – Il mostro di Dusseldorf”: un cortile popolare,
un bimbo che gioca, l’ombra di
un (presunto) pedofilo in agguato. La scrittura nitida e accattivante della
siciliana Maria Elisa Aloisi trascina il lettore in una complessa storia
chiaroscurale, dove tutti nascondono inconfessabili verità.
La
vicenda che vede coinvolta la giovane penalista Emilia
Moncada, per gli amici “Ilia”, parte dal brutale assassinio di Carlo Spadaro,
un geriatra accusato dall’ex moglie di aver abusato della figlia. Questa
orrenda storia familiare fa precipitare l’uomo in un abisso infernale che lo
porta ad avere problemi anche nella clinica
dove lavora. Ciò porterà a concentrare
i sospetti su Damiano Crisafulli,
suo datore di lavoro; infatti, proprio il giorno dell’omicidio i due hanno
avuto un pesante alterco legato a questioni economiche. Inoltre, sul cranio
fracassato dell’uomo, il medico legale rivela l’impronta di un anello
chevalier, gioiello sicuramente indossato dall’indagato.
Coinvolta nel caso in medias res, Ilia proverà a
destreggiarsi in un percorso legale denso di reticenze e menzogne,
ricostruendo, con intelligenza e un pizzico di fortuna, un puzzle molto
intricato.
Quello che colpisce maggiormente del romanzo, che l’autrice
conduce con maestria fino all’ultima pagina,
è la sua capacità di smentire continuamente le idee del lettore, creando
un climax che culmina
nell’imprevedibile finale. Il lettore vive da
dentro le indagini della Moncada, narratrice dell’intera vicenda.
Sicuramente la scelta di un narratore interno acuisce l’immedesimazione tra il
lettore e il personaggio, ma Ilia risulta a
priori una figura simpatica, forse perché è
una donna in certi momenti fragile, che non ha paura di
svelarsi, mostrando le sue paure, le sue debolezze, i suoi umani “tic” (come le
pietre di calcedonio blu, utilizzate come talismano contro l’ansia).
Grande protagonista del racconto è Catania, descritta come se
fosse un personaggio; i suoi profumi, le sue folcloristiche atmosfere, la sua
cucina e il suo dialetto sono una pausa piacevole, che dà all’indagine un
sapore autentico ed estremamente realistico. Sullo sfondo, l’Etna, la cui
cenere nera ora cancella ora rivela.
La Aloisi, forte del suo lavoro come avvocato penalista, è molto abile nel far comprendere a chi legge le difficoltà (e lo stress) a cui
sono sottoposti quotidianamente i legali, figure spesso mai bene comprese dalla
vulgata comune.
“Si immagina il legale – ci racconta Ilia – come qualcuno in
grado di creare artificiosi raggiri o di manipolare la realtà, in favore del
suo rappresentato; ma chi fa con convinzione il proprio mestiere lavora perché
il processo sia equo, perché
vengano rispettati tutti i diritti,
perché garantire i diritti del singolo significa garantire i diritti
della collettività”.
Ed è proprio per questi diritti che si batte la protagonista e che la sostengono nei momenti più difficili. Le sue giornate vengono scandite, oltre che dall’affascinante e pressante lavoro, dall’affetto della zia Ofelia (alle prese con una vecchia fiamma), dalla migliore amica e collega Irene, dagli stagisti Fabio e Alessandro, dal goffo Mariano e da Mou, l’adorato cane protagonista di un vile ricatto. Non manca un interessante universo maschile che ruota attorno alla donna: da una parte c’è Andrea, giornalista fedifrago e combinaguai, dall’altra il fascinoso collega Fabrizio.
Per la giovane protagonista questa è la seconda avventura
“cartacea”: la sua prima apparizione è in Il
canto della falena romanzo che ha vinto il premio Tedeschi nel 2021. In
entrambi i romanzi, l’autrice ha “usato”
sapientemente la sua professione per intessere uno scenario processuale realistico, che si fonda su
evidenze scientifiche esposte con chiarezza e
mai noiose, in uno scambio fra Ilia e
il pubblico ministero che va avanti a colpi di astuzie legali.
Particolarmente apprezzato il modo in cui la scrittrice affronta
i pesanti temi della pedofilia e della violenza sugli anziani ospiti nelle RSA,
problematiche sociali fin troppo attuali che vedono nei soggetti più deboli le
vittime predilette di egoistici meccanismi umani.
Per il momento, aspettiamo la terza avventura dell’avvocatessa
Emilia Moncada; e forse, chissà, se un domani andrà
a far compagnia sul piccolo schermo
a Imma Tataranni e Lolita Lobosco, altre due insolite
regine del crimine. Staremo a vedere.
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