Di Rosario Vito Ferrone
Ore
10, Porta Nuova è il secondo romanzo della serie Le
indagini del commissario Martini di Gianna Baltaro. Nel 2024 con la casa
editrice Golem parte la settima ristampa che la separa dalla prima edizione del
1991 (Angolo Manzoni Editore).
Ambientato
nel tranquillo Borgo San Salvario attorno al Largo Saluzzo, luoghi di commercio
e di borghesia, diremmo, piemontese, il commissario Andrea Martini, per
assecondare la richiesta di un amico e della sorella, viene coinvolto in una
indagine che diventerà, con lo svolgersi delle pagine, sempre più complessa e inquietante:
un bambino minacciato, un uomo trovato cadavere sul vagone di un treno merci, accoltellato
a morte con un tagliacarte damascato, un dongiovanni imprudente e un secondo
omicidio, questa volta di una donna che nulla, apparentemente, ha a che fare
con il primo.
Con
pazienza e ostinazione e con accorta scaltrezza, approfittando anche di una sua
vecchia storia con una donna sposata consanguinea dell’uomo assassinato, il
giovane commissario “in pensione”, raccoglie indizi, prove e decisive
testimonianze tra il Borgo e la stazione di Porta Nuova: scenario ben delineato
di ricatti, omicidi e tradimenti. Arriverà così a una soluzione convincente,
resa dall’autrice con autorevole lentezza e qualche escamotage letterario
d’antan.
L’ambientazione
storica è accurata e convincente.
Molto
precisa la toponomastica e la descrizione dei luoghi di una Torino “vissuta” durante
il periodo fascista, in particolare all’epoca delle guerre coloniali italiane,
delle conseguenti sanzioni internazionali e della proclamata orgogliosa
autarchia che, come puntualmente narrato, comincia a fare sentire i propri
malaugurati effetti sulla vita delle persone e sulla configurazione di piazze e
giardini. A questi ultimi, infatti, vengono divelti cancellate e recinzioni di
ferro.
Ottimo
l’inizio, subito dentro ai fatti e sapiente il loro alternarsi e disvelarsi.
Tanto
che la tensione non è legata a una scrittura veloce e intrigante, magari
opportunamente ambigua, ma all’accorta architettura del romanzo. Che a volte
sembra con convinzione richiamare una letteratura tout court, ottocentesca,
più che quella di genere. Lo scritto, pertanto, è in diversi punti un po’ piatto
e, per così dire, arcaico. In alcuni tratti sembra quasi di essere in una sorta
di feuilleton e non necessariamente è un male. Mancano, però, ironia e
autoironia che sanamente alleggeriscono la lettura, generano empatia e rendono
più lieve e accattivante il narrare; di contro abbondano, purtroppo, termini ed
espressioni piuttosto vetuste.
Buoni
i dialoghi, chiari, concisi e credibili, sebbene in qualche occasione di troppo
appesantiti da commenti e spiegazioni che potevano essere evitati. La lettura
ne risente e, per di più, spesso non si avverte alcuna necessità di nessuna
spiegazione.
Ben
delineati i numerosi personaggi, sia quelli maschili sia quelli femminili, nei propri
convincimenti, nelle proprie abitudini, aspirazioni e paure.
Una
parola in più per il commissario Martini: è un bel personaggio; intelligente,
riflessivo, intuitivo, concreto e, si indovina, un tombeur de femme. A
parte quest’ultimo aspetto ricorda abbastanza da vicino Jules Maigret.
In definitiva, il romanzo è ben strutturato e la trama convincente. La sua conclusione soddisfa la curiosità e le aspettative del lettore. Le spiegazioni dovute per i fatti narrati e la loro logica concatenazione sono complete ed esaustive. Ugualmente quelle di natura psicologica, quantunque queste ultime non moltissimo approfondite. Un buon libro, pertanto, che avrebbe bisogno, a mio parere, di una “ripulitura da editing” per renderlo più appetibile e avvincente. Da leggere.
Gianna
Baltaro (Torino, 13 febbraio 1926 - Torino, 29 gennaio 2008)
è stata giornalista e scrittrice. È nota per i suoi romanzi polizieschi
ambientati nella Torino degli anni Trenta. Dopo aver svolto per molti anni la
professione di giornalista, occupandosi principalmente di cronaca nera, ha
difatti intrapreso l’attività di scrittrice, creando la serie Le indagini
del commissario Martini.
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