Scoprire chi siamo nella tragedia. “La coscienza del rospo”, opera prima di Ilaria Riboldi. Golem Edizioni

 



Di Gaia Cimbalo

L’opera prima di Ilaria Riboldi, La coscienza del rospo (Golem edizioni, Torino 2024, pp 352, euro 19,00) è un romanzo ambizioso, che si interroga sulla vita e sulla morte e su quello che ci lasciamo indietro una volta varcata la soglia del sonno eterno.

Andrea De Carli, il nostro protagonista, è uno scrittore caduto in disgrazia e la cui crisi creativa e spirituale viene acuita da una terribile notizia: la sua amata sorella, Benedetta, si è tragicamente suicidata. Andrea, dunque, decide di tornare nella sua città natale, per cercare di riavvolgere il nastro della vita di sua sorella e di quel legame familiare reciso troppo presto, ben prima della sua scomparsa.

I rapporti della famiglia De Carli non sono mai stati dei più rosei e questo terribile evento costringe il protagonista ad un’analisi profonda, interrogandosi sugli errori commessi e sulle sue responsabilità circa i rapporti burrascosi con il suo parentado. Ma, tornato a casa, Andrea scopre che la situazione è molto più complicata di quanto sembri: sua sorella stava investigando su una setta locale che, utilizzando il folklore relativo alle vicine città fantasma della Brianza, aveva mietuto numerose vittime, soprattutto fra gli abitanti più giovani e impressionabili del circondario.   

Qual è, dunque, la verità? Sua sorella è stata vittima del suo ineluttabile senso di giustizia, o di una vita che non è riuscita a stare al suo passo? Andrea sente la necessità di investigare, di scovare la verità, nascosta da anni di bugie e vecchi rancori, silenzi assordanti e codardia, che hanno ammantato le relazioni familiari per decenni.

Un libro che si presenta come un noir, ma l’indagine che conduce Andrea è soprattutto interiore, non vuole semplicemente comprendere come e perché sua sorella sia morta, vuole soprattutto riscoprire la sua vita, la vita di quella donna che ha ammirato, invidiato, odiato, ma che sente di non aver mai realmente conosciuto.  

Ogni famiglia è infelice a modo proprio e il romanzo si interroga sulle disfunzioni di questa famiglia, è questa la principale indagine del libro: l’ultimo atto d’amore di un fratello imperfetto, come molti, ma non per questo meno autentico nel suo sentimento, meno amorevole.

Ogni giallo che si rispetti si interroga sul male, sulla banalità o meno di quest’ultimo, arrivando sempre ad una inedita risposta: in quest’opera si riflette su dove normalmente crediamo che il male si trovi, e quanto invece la reale risposta potrebbe scioccarci. In un mondo che si ostina a muoverci verso l’esterno, a cercare le risposte fuori, a darci un’idea stereotipica di male e bene, il protagonista scopre che è necessario stravolgere ogni sua conoscenza pregressa, perché tutto quello che credeva di sapere è ben lungi dalla realtà delle cose.

Un’opera prima certamente interessante, con una trama accattivante ed uno sviluppo ricco di colpi di scena, che cattura il lettore nelle vicende di questa famiglia disfunzionale e di amici e parenti che vi gravitano intorno. L’autrice scrive così un testo scorrevole, con analessi ed ellissi che movimentano la narrazione e l’arricchiscono; soprattutto grazie al suo narratore, spesso inaffidabile, specchio infranto delle menzogne che per primo racconta a sé stesso e, conseguentemente, al lettore.

Ilaria Riboldi percorre numerose strade, che, come i sentieri attraversati dal protagonista, non sempre conducono ad una destinazione, ma talvolta sono vicoli ciechi, che disorientano tanto Andrea quanto noi, suoi silenziosi spettatori.

Un romanzo che mostra le numerose potenzialità dell’autrice e che da alcuni nodi ancora da sciogliere del protagonista, fa presagire un seguito alle vicende di Andrea de Carli, uomo imperfetto che ci insegna che siamo tutti esseri umani perfettibili e che, come tali, è necessario imparare a perdonarsi e a perdonare.

 

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