"Il lato in ombra" di Salvo Fuggiano analizza la parte più oscura della mente umana: quanto siamo disposti a scavare nella profondità dei nostri pensieri più reconditi?

 


Di Erika Cervone

Il lato in ombra di Salvo Fuggiano, docente di lingue straniere e librario indipendente, edito da Libraccio Editore, analizza la parte più oscura della mente umana: quanto siamo disposti a scavare nella profondità dei nostri pensieri più reconditi? Abbiamo tutti un lato in ombra? Giulia Montebelli, una psicologa infantile specializzata nel trattamento di pazienti vittime di abusi, finge che questo lato non ci sia finché non è costretta a fare i conti con le ombre del suo passato.

“Giulia si sentì sopraffare da un passato che non voleva lasciarla andare”, una catena che la stringe forte a sé e a cui in qualche modo è profondamente legata. Per la paura di tornare a provare emozioni troppo forti da controllare e difficili da affrontare, Giulia sceglie di non liberarsi da questo male che l’attanaglia. Ma il passato sa essere beffardo e quando meno se lo aspetta, torna a bussare alla porta per chiedere la resa dei conti. 

Nel presente, l’ispettrice Beatrice D’Alterio e la polizia di Salerno, indagano su una serie di efferati omicidi che hanno elementi in comune con un caso irrisolto che viene rispolverato dal tempo. Gli unici testimoni sono dei bambini e Giulia è la chiave per arrivare alla soluzione. Il racconto si sviluppa su due piani narrativi: la realtà e il sogno. Quest’ultimo accompagna il lettore durante la risoluzione del caso. Purtroppo lo snodo narrativo arriva troppo tardi. La dimensione onirica prende il sopravvento sulla realtà e per più della metà del racconto, nel presente le indagini non fanno passi in avanti. Giulia ha troppa paura di affrontare i fantasmi che la soffocano ogni notte e perciò, come nei sogni, tutto resta immobile.

La risoluzione finale è repentina, tutti i nodi vengono al pettine solo quando Giulia decide che è arrivato il momento di tornare lì dove tutto è iniziato: al Sant’Anna, l’istituto dove ha trascorso l’infanzia. Questo luogo è il fulcro dove le storie dei personaggi si intrecciano e dove passato e presente trovano il loro punto di congiunzione. È qui che Massimo, un adolescente impacciato, timido, appassionato di fotografia e con un forte senso di colpa, legato al suo passato, che ha reciso ogni più sincero legame con la sua famiglia, incontra Bea, una dolcissima bimba priva di punti di riferimento ma in grado di regalargli un grande amore fraterno, e Antonio che grazie ai suoi disegni riesce a comunicare col mondo esterno le proprie emozioni. Solo Giulia è capace di comprendere i suoi tre piccoli pazienti e testimoni degli omicidi, forse perché è l’unica in grado di sapere cosa si prova quando si cerca di affogare un trauma negli abissi della propria mente con la paura che da un momento all’altro possa riemergere.    

Salvo Fuggiano adotta una scrittura dai toni macabri e cruenti per descrivere il passato oscuro della protagonista. C’è uno studio approfondito sulla psicologia, sull’analisi comportamentale e caratteriale di chi è stato vittima di traumi infantili. I personaggi sono ben caratterizzati, hanno spessore e il loro arco di trasformazione funziona ed è credibile e coerente con il loro modo di essere e di agire. L’indagine investigativa è solo di contorno, serve a dare contesto, ma non risulta mai decisiva ai fini della narrazione. Nonostante risulti difficile identificarsi con Giulia, il lettore riesce comunque a creare un legame con la protagonista e fino all’ultimo spera in una sua rinascita, in una nuova vita che segna l’accettazione di quella precedente.

 

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