"La ragazza nella foto". La tragedia di Oklahoma City raccontata dal documentario di Skye Borgman

 



Di Claudia Siano

Oklahoma City 1990, una ragazza all’alba dei vent’anni viene ritrovata senza vita sul ciglio della strada, così inizia il documentario diretto da Skye Borgman intitolato La ragazza nella foto presente su Netflix e risalente al 2022.

Quando arrivano i soccorsi, compare anche il marito della vittima, che in un primo momento pare si chiami Tonya. Un uomo bizzarro, anziano rispetto alla ragazza, conosciuto con il nome di Clarence.

Si scopre che i due coniugi hanno un bambino di nome Micheal e la loro relazione è ambigua e sospetta. Soprattutto perché Tonya aveva paura per l’incolumità sua e di suo figlio. A parlarne, la migliore amica del momento, una ballerina che lavorava con Tonya. Racconta di aver tentato di aiutarla, offrendosi anche di portare Michael a passeggio o allo zoo. Pare però che un’azione tanto semplice, si trasformasse ogni volta in un’impresa impossibile. Poiché il marito imponeva sempre la propria presenza. Niente in confronto, però, al fatto che sul corpo dell’amica aveva già da tempo notato dei lividi.

Questa è la storia di una donna prigioniera, condannata a vivere secondo il volere folle di un uomo che non sa amare e di fatto, gli inquirenti scoprono, non si sa chi sia. Clarence, in merito all’incidente, racconta che Tonya è stata investita da un pirata della strada… i tasselli non tornano. Una cosa però è certa, il piccolo Michael è in grave pericolo. Viene dato in custodia a una coppia di coniugi, ma nel frattempo che si indaga, il bambino viene rapito a scuola dal presunto padre, con il quale, si scopre, non abbia alcun legame biologico. E allora chi è quest’uomo? Non è il padre, non è il nonno, non è neanche imparentato. È il 7 settembre 1994 quando l’uomo conosciuto col nome Clarence Hughes passa a prendere “suo figlio” a scuola. Punta l’arma contro il dirigente, li rapisce entrambi, lascia il preside legato e imbavagliato nel bosco e fugge col piccolo. Da quel momento passano anni di vuoto e di mistero.

Le indagini procedono, però. Il vero nome di Clarence è Franklin Delano Floyd, definito nel documentario un individuo violento e complicato da catturare. Già al centro di vari casi “strani”, era stato in un centro sociale, nel ’63 aveva rapinato una banca, dieci anni dopo aveva derubato una donna. Floyd è un latitante in fuga da vent’anni. Gli inquirenti comprendono appieno la gravità della situazione. Diventa perciò un problema serio saperlo a piede libero. Così viene studiato un piano per prenderlo. Innanzitutto bisogna capire chi è veramente Tonya. Viene fuori un nome: Sharon Marshall, attraverso una amica del cuore al liceo. E si scopre che all’epoca Sharon e Warren Marshall, questi i nomi dei due trovati in Alabama, compaiono invece come padre e figlia e non come marito e moglie. Colpo di scena.

Si viene a sapere che l’uomo obbligava Sharon a lavorare come spogliarellista in uno strip club. Era ancora una bambina, con la voglia di studiare, andare al College, invece, il destino le riserva altro.  Il caso è molto complicato e nel documentario tutto viene spiegato con perizia di particolari.

Seguono le ricostruzioni scandite nel documentario: se Sharon aveva vent’anni quando è morta, doveva essere nata nei primi anni ’70, di conseguenza Floyd non poteva essere il padre biologico di Sharon. E se fosse stata strappata dalle braccia di sua madre quando era piccola? Questa la domanda degli investigatori. E anche su questa pista procedono. Però prioritario è salvare Michael, sempre che sia ancora vivo.

Prendere Floyd è davvero difficile. Fa ricorso a numerosi pseudonimi, si serve di documenti falsi… a questo punto, il lampo di genio di Fitzpatrick che si occupa dell’indagine. Decide di fare ricerche attraverso le diverse identità presenti sui documenti già usati dall’uomo in passato. Difatti, proprio in occasione del rinnovo della patente, si arriva a scoprire che la nuova licenza di guida riporta il nome di Warren Marshall. Con l’escamotage della consegna della patente viene arrestato, gli agenti lo prendono in custodia, ma di Michael nessuna notizia. La prima volta che gli viene chiesto se il bambino sia vivo, il criminale rispose di sì, ma racconta una chiara menzogna. Poiché non esistono sue tracce da anni. Fitzpatrick è sicuro che il bambino sia morto, ma spera di sbagliarsi fino all’ultimo. Poi la dura verità. Floyd confessa che ha ucciso il bambino subito dopo la fuga a seguito del rapimento da scuola, con un colpo di pistola alla testa. Fine. Ma il corpo non viene mai ritrovato.

Non finisce qui. Borgman, nella sua intelligente ricostruzione, riesce a presentare persino il momento in cui un agente trova nell’auto di Floyd delle immagini pornografiche, alcune ritraggono Sharon piccola, ma compare anche una giovane donna. Di chi si tratta? Il 29 marzo 1995 si scopre uno scheletro di una donna con due fori di proiettile dietro la nuca. Un dichiarato caso di omicidio. Un anno dopo escono le foto relative al caso, e viene fuori attraverso riconoscimenti e testimonianze che è lo scheletro dell’amica italiana di Sharon, Cheryl Commesso. Pare che Warren fosse ossessionato da lei. Questo è solo uno dei tanti assassinii commessi da Floyd. E di molti non se ne avrà mai notizia.

Siamo a questo punto quando entra in scena Matt Birkbeck, un giornalista che decise di scrivere un libro su questo caso. Perciò interroga Floyd. L’omicida è un fiume in piena quando il giornalista lo va a trovare. Gli racconta molte cose di cui ancora gli inquirenti ignorano. È forte il suo racconto della sua infanzia infelice e fatta di violenza, di quando fu affidato a una casa-famiglia in Georgia e della sua vita travagliata. Una personalità, la sua, forgiata con abusi e percosse. A 18 anni aveva già gravi disturbi mentali, poi visse precocemente la prigione. Eppure, quando si parla di un crimine specifico, lui nega. Ma viene fuori il rapporto con una donna con figlie, di molti anni fa, quando era ancora giovane. Ma nella relazione qualcosa va storto e un giorno lui scappa portandosi via una delle bambine. Quella che sarebbe diventata sua figlia e poi sua moglie, La creatura che non conobbe mai veramente la propria storia e le sue origini. Ecco la verità. La ragazza ritratta in una foto sbiadita dagli anni assieme al suo presunto padre, altro non è che una bambina rapita alla sua famiglia.

Il libro viene pubblicato con molti punti ancora oscuri, ma diventa fonte di varie segnalazioni che porteranno a risposte cruciali. Tra le varie, si scopre un’altra figlia di Sharon, data in adozione alla nascita. Il suo nome è Megan e solo a questo punto entra in scena nel documentario.

 

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