Il giallo del compromesso tra radici e libertà: “Non avrai altra donna all’infuori di me” di Antonio Chirico
Di Claudia Siano
“Non avrai altra donna all’infuori
di me” di Antonio Chirico, edito Readaction, è il giallo giudiziario che non ti
aspetti, basato su una storia vera, è ambientato nel paesino di Torre di Santa
Susanna. In quel confine labile che abita tra sorrisi e preoccupazioni, emerge
una quantità incredibile di testimoni pronti a presentarsi anche spontaneamente
per deporre, per mettere bocca su un fatto di cronaca avvenuto nel proprio
paese. È il 1923 ed esplodono tre colpi di rivoltella fuori la farmacia, nella
provincia pugliese, tutti i cittadini si sentono in diritto e in dovere di dire
qualcosa al giudice ispettore. Tra le testimonianze false, quelle inutili e
quelle reali, per il giudice diventa sempre più complesso capire chi abbia
ucciso il dottor Caramia. La storia è scritta dal punto di vista di Francesco
Giove, giudice istruttore e uomo di sani principi, del quale emerge il nome
soltanto nelle ultime pagine. La storia può sembrare quella di un uomo o quella
di una famiglia, o di due famiglie, ma in realtà è quella di una piccola
realtà, di un paesino pugliese intero. Il calzolaio, il macellaio, il
farmacista, l’arciprete, i ragazzi del paese, gli amici dei parenti, le parti
in causa, tutti insieme formano il quadro del libro, il libro dei punti di
vista, umanamente distorti, inconciliabili tra loro.
Il dialetto pugliese marcato di
molti dei testimoni, il quale inficia talvolta nella comprensione immediata del
testo, è uno dei tanti mezzi che l’autore adotta per esprimere la varietà che
offre un piccolo contesto quale quello di Torre. Si parla di una donna
abbandonata con un figlio, Costanzina, cugina ed ex amante di Pietro Caramia, il
dottore, che poi intraprende una relazione con Rosina Ponzetta. Ritornano
continuamente alla mente del lettore le ultime parole del dottore: “mi hanno
ucciso i miei cugini”. Tutto il testo cerca, attraverso le diverse
testimonianze, di ricostruire la vicenda, esplorando l’accaduto, portando il
lettore a domandarsi perché, cercando di comprendere chi tra i testimoni possa
essere complice o colpevole dell’omicidio. Emerge anche l’inevitabile divario
sociale che si viene a creare in maniera ancor più evidente in piccoli
contesti. È il romanzo dove la povertà non può soccombere e la rivalsa sociale
continua a fare i conti con il suo passato, quanto è servito al dottore
rinnegare il suo passato? Si può scappare da esso?
La storia che racconta Chirico non vuol far
riflettere soltanto sul concetto di verità, dalle parole dell’autore: “a che
serve la verità? Dare un volto agli assassini fa forse resuscitare i morti?
Certo che no, ma farebbe dormire sonni tranquilli ai vivi”.
Una chiave di lettura importante è in tutti i silenzi, nei non detti, in tutti quei nonostante che trapelano: nonostante le difficoltà, nonostante le cose non vadano sempre come dovrebbero. Nonostante tutto, Giove rimane incastrato, turbato a vita, inesorabilmente solo nei suoi dubbi, nei suoi sogni, in quello che credeva essere un semplice caso. Chirico disegna un’immagine pluriforme e una canzone polifonica che percorre tutto il romanzo, dove emergono suoni diversi, vibrazioni inaccostabili, sentimenti e dolori che non potranno mai empatizzare con chi li ha causati. È storia di rancori, di sbagli, di rimorsi, ma soprattutto è storia pregna di umanità.
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