La storia di Emanuela Orlandi “rimane aggrappata addosso”. Dalle parole di Ciro Sabatino che ha incontrato Pietro Orlandi al Teatro Nuovo di Napoli
Di Claudia Siano
La storia di Emanuela Orlandi “rimane aggrappata addosso” dalle parole di Ciro Sabatino che ha incontrato ieri Pietro Orlandi al Teatro Nuovo di Napoli, nell’ambito della rassegna Napoli Fermata Mistero
Una
storia incredibile lunga 42 anni, tra colpi di scena e innumerevoli piste e
depistaggi, è la storia della scomparsa di Emanuela Orlandi. Una sala piena di
persone, pronte ad ascoltare la voce di Pietro, pronte a ricordare Emanuela e a
ripercorrere con lui la sua sofferenza. Al Teatro Nuovo di Napoli, in occasione
della rassegna Napoli Fermata Mistero, Ciro Sabatino ha intervistato ieri Pietro
Orlandi, fratello di Emanuela. Lo abbiamo già incontrato e intervistato a
maggio al Festival del Giallo Città di Napoli. Si può dire che la storia di
Emanuela non ha mai smesso di interessare, dalle parole di Ciro Sabatino
“rimane aggrappata addosso”. Proviamo a ripercorrere i passi cruciali della
scomparsa di Emanuela seguendo la ricostruzione di Pietro: la sorella scompare
il 22 giugno 1983. Dopo pranzo alle 16.30 la quindicenne esce per andare alla
lezione di musica che si sarebbe tenuta alle 17 fino alle 19. Pietro ha parlato
della difficoltà che affronta talvolta ad esprimere quello che sente dentro,
portando con la storia di Emanuela anche la voce di tutte quelle famiglie che
non hanno voce. “Mi dicono: dopo 40 anni, ancora ci pensi? Ci penso, certo. 40
anni sono la vita di una persona e lì mi rendo conto che è passato tutto questo
tempo, ma non riuscirei a farne a meno”. Pietro ha parlato anche dell’interesse
ad ascoltarlo da parte dei ragazzi: “Percepisco senso di gratificazione enorme
quando sento qualcuno dire: ‘hai risvegliato in me il senso di giustizia’. Il
sacrificio di Emanuela non è stato vano, il cambiamento può avvenire da chi sta
nei licei, nelle università”. Pietro ha ricordato anche dell’ultimo momento in
cui Emanuela gli chiese di accompagnarla a scuola, poco prima di uscire di
casa, le stesse immagini che ripercorre costantemente. “Mi ricordo
perfettamente quel momento in cui ha sbattuto la porta e se ne è andata”,
“magari non sarebbe successo se l’avessi accompagnata” ha aggiunto.
Si
è parlato dell’uomo dell’Avon, del possibile legame tra l’omicidio di Mirella
Gregori e di Emanuela, dell’americano, della sofferenza della famiglia Orlandi,
delle speranze soffocate dal dolore e dall’abbandono. Il corpo di Emanuela
ancora non è stato trovato. Ma a popolare questa vicenda, troppi personaggi,
troppe storie, troppi nomi, troppe piste. Non è cambiato nulla dopo 42 anni.
L’appello del Papa fu salvezza, racconta Pietro, “era punto di riferimento
massimo, venne a casa nostra sei mesi dopo e ci disse: ‘esiste il terrorismo
nazionale e internazionale ma io sto facendo quanto è umanamente possibile per
la risoluzione di questo caso’. Noi eravamo felici perché il Papa stava facendo
qualcosa e avrebbe portato Emanuela a casa”, poi aggiunge “ma da quel momento
ha permesso all’omertà di calare su questa storia”. Nel 1997 viene tutto
archiviato. Ma l’11 luglio 2005 a Chi
l’ha visto arriva una telefonata anonima che riapre una strada, ma per
Pietro è vissuto come un “momento stranissimo. Mio padre e il Papa muoiono tra
il 2004 e 2005, due punti di riferimento per me che vengono meno. Avevo paura
si sarebbe abbattuto tutto quanto”. Nel 2005 arrivò “quella telefonata”, così
ripartì il secondo filone che legava la scomparsa di Emanuela alla banda della
Magliana. Nel ’97 si chiuse l’inchiesta. Parola chiave per Pietro Orlandi in
questi anni è stata “equilibrio” che ha sempre dovuto mantenere. Ma le parole
alle quali ha dovuto rendere conto sono state due: equilibrio e ipocrisia. Tra le domande del pubblico in sala e la
curiosità su quale fosse per Pietro la pista più attendibile, si è parlato
della Pista londinese. Secondo lui: “Una delle tante piste che non ti porta a
capire il perché, ma ti porta sulla strada e elimina varie situazioni”, in ogni
caso Pietro non si arrende e non si arrenderà. Noi lo aspettiamo sempre per
parlare di Emanuela, per ascoltarlo ancora e ancora. Sperando che ci porti
presto buone notizie. Almeno, chiarificatrici e definitive.
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