Giovanni Capurso sul libro "Libertà a caro prezzo - Gioacchino Gesmundo e le Fosse Ardeatine", un libro dirompente, attraverso il quale l’autore rende omaggio a uno dei riferimenti più significativi nella lotta antifascista nel secolo scorso

 


Di Fabio Gaudiosi

Giovanni Capurso torna in tutte le librerie con un libro potente, complesso, dove riavvolge il nastro sulla vita di un personaggio che, con il suo esempio e il suo impegno, ha consentito la costruzione dello Stato democratico in cui viviamo e che mai come oggi sembra essere sempre più in crisi. Libertà a caro prezzo - Gioacchino Gesmundo e le Fosse Ardeatine, edito da Edizioni Radici Future (16 euro), è un libro dirompente, attraverso il quale l’autore rende omaggio alla figura di Gioacchino Gesmundo, uno dei riferimenti più significativi nella lotta antifascista nel secolo scorso, fin dalla prima ora. Il 22 marzo 1944 il tribunale di guerra tedesco decretò la sua morte, condannandolo a quello che sarebbe diventato l’eccidio delle Fosse Ardeantine, dove furono uccisi 320 italiani. Se la vita di Gesmundo si concluse in quel momento, le sue azioni rimasero scritte per sempre nella Storia, significando una delle prime pietre su cui si eressero le fondamenta di un nuovo Stato. Giovanni Capurso propone ai suoi lettori una testimonianza vivida, restituendoci il peso della memoria, traghetto verso al futuro in virtù dei punti fermi del passato, sguardo metabolizzato di ciò che è stato verso ciò che sarà.

Capurso, nel libro emerge chiaramente il profilo morale e intellettuale di Gesmundo. Quanto è stato difficile ricostruire la sua personalità attraverso le fonti disponibili, e quali sono stati gli elementi più sorprendenti che ha scoperto durante la ricerca?

È bene precisare che si è trattata di una ricostruzione portata avanti prevalentemente attraverso fonti primarie. Tra di esse ci sono quelle recuperate nell’Archivio Centrale di Roma e nell’Archivio di Stato di Bari (come atti giudiziari e missive), e alcune lettere, in parte recuperate in un Fondo della Biblioteca Nazionale di Bari e in parte edite scambiate con i familiari, soprattutto con la sorella Isabella. Le lettere, soprattutto, sono fonti preziosissime perché restituisco la verità di chi scrive; a differenza di altre fonti, come articoli, che ci danno una verità filtrata, ovvero quella che lo scrivente vuole comunicare al pubblico.

Nonostante ciò mi sono imbattuto più volte in quelli che March Bloch chiama “vuoti storiografici”, che hanno reso il lavoro lungo e non poco problematico.   

Non deve meravigliare che il profilo biografico di Gioacchino Gesmundo, sulla base delle scarne fonti documentarie reperibili, soprattutto relative all’infanzia, integrate però da numerose, autorevoli testimonianze, trovi il suo fulcro proprio nell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Da questo punto di vista il momento terminale della vita di Gesmundo, come dice Ferdinando Pappalardo, appare quasi un appuntamento con il destino, la fatale conclusione di una singolare esperienza intellettuale e morale, prima ancora che politica. 

Il libro restituisce con efficacia il clima di oppressione e clandestinità in cui operavano gli antifascisti. Secondo lei, quali aspetti della Resistenza romana sono ancora poco raccontati o fraintesi nella narrazione storica contemporanea?

Sicuramente esiste un’idea molto diffusa secondo cui la Resistenza, anche e soprattutto a Roma, sia stata portata avanti esclusivamente dalla componente comunista. L’eccidio delle Fosse Ardeatine smentisce chiaramente questa narrazione. Dall’elenco delle vittime infatti emerge il carattere plurale della Resistenza, sotto il profilo sia sociale (tra i nomi si trovano quelli di operai, contadini, artigiani, commercianti, impiegati, intellettuali, piccoli imprenditori, militari e un sacerdote), sia politico e ideologico (sotto il piombo dei tedeschi caddero comunisti, socialisti, azionisti, cattolici democratici, badogliani).

In un periodo in cui il dibattito sulla memoria storica è sempre più acceso, quale messaggio crede che la storia di Gesmundo possa trasmettere alle nuove generazioni? C’è un aspetto della sua vicenda che ritiene ancora poco conosciuto e che meriterebbe maggiore attenzione?

Nel volume c’è anche l’intento, direi morale (e che attiene alla responsabilità dello storico), di ravvivare una memoria pubblica non solo e non tanto illanguidita dalla lunga distanza temporale che ci separa dagli eventi narrati, quanto deturpata da un’offensiva revisionistica tesa a riabilitare il fascismo, a denigrare la Resistenza, a scaricare per intero sui tedeschi la colpa delle infamie perpetrate nei mesi della Repubblica di Salò.

In un’epoca caratterizzata, soprattutto tra le giovani generazioni, di un complessivo disimpegno verso la partecipazione politica e ai processi democratici, c’è poi un altro aspetto che rende interessante una figura come quella di Gesmundo: tenace e intransigente e perfettamente coerente ai propri ideali, egli fu un esempio di virtù etiche e civili di certo drammaticamente inattuali in una fase in cui la vita pubblica è caratterizzata dal diffondersi del servilismo, dell’opportunismo e del trasformismo.

 

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