“Tre di notte” di Silvia Nirigua, Edizioni Fernandel: un libro da non sottovalutare. Un thriller psicologico graffiante, con una tecnica narrativa intrigante
Di Rosario Vito Ferrone
Tre
di notte di Silvia Nirigua, Edizioni Fernandel, nelle
librerie dal 7 febbraio 2025.
Meglio
dirlo subito: è un libro che si legge con interessata rapidità ma che poi in
qualche modo ti costringe a ritornarci sopra, perché non puoi fare a meno di
confrontarti. È quasi una seduta psicoanalitica con un transfert
dinamico e travolgente.
Silvia
Nirigua non è solo una brava sceneggiatrice, e lo si capisce subito dalla sua
tecnica narrativa fatta di piani sequenza veloci e interessanti, ma è una che
scrive per mettersi in discussione, per metterti in discussione.
Quello
che viene fuori dopo una nottataccia durante la quale l’autrice, a dir poco si svena,
tra l’altro con una buonissima perizia nell’uso delle parole e nella
costruzione delle frasi, per scorticare i cuori e le menti di questi tre, le
loro fragilità consce, inconsce o solo immaginate, e i loro pensieri i più
reconditi e scellerati, non riguarda solo loro tre.
Silvia,
ne sono convinto, suggerisce con forza che quel mondo infame di sentimenti,
cattiveria, ipocrisia e tradimento riguarda tutti noi: della serie l’immondizia
umana ci appartiene, appartiene a tutti e a ciascuno. Forse varrebbe la pena
farci i conti.
Siamo,
io credo, nella versione moderna del thriller psicologico, che è un genere di quelli tosti, perché viene
direttamente dal gotico e perché è intrinsecamente e perennemente in conflitto
con sé stesso.
Della serie: possiamo capire la mente/non
possiamo capire la mente.
In entrambi i casi siamo nei guai a volere
dare retta a Conrad che in Cuore di tenebra fa dire al moribondo
colonello Kurtz: “The horror! The horror!”. A proposito di cosa sarebbe la
mente.
Una definizione lapidaria direi, ma che non
credo ci debba allontanare dal pensiero e dall’azzardo di affrontare questo
“The horror”.
Silvia Nirigua lo fa, lo affronta e ne va
dato atto. E magari riconoscenza.
Lo fa con una scrittura, a tratti, graffiante,
con una tecnica narrativa intrigante e dei dialoghi, specie nella parte finale
della narrazione, che non sono niente male.
I personaggi sono tre: una coppia di
facoltosi borghesi della provincia ricca e una ragazza prenotata, se
posso dire così, da siti di incontri che sarà in qualche modo coscienza
catalizzatrice di un’evidenza abissale: la coppia è dannatamente in crisi.
Una crisi che annovera tradimenti a gogò, odi
ventennali, rancori a piene mani, risentimenti che non vi dico, ire funeste che
nemmeno il povero Achille nei suoi momenti più bui, e… niente!
Non vi dico più niente.
Soltanto che i tre personaggi - Alberto,
Elena detta Didi e Lia - con frequenza accorta e indovinata, intervengono a
turno perché parlino di loro stessi o descrivano dal loro punto di vista quello
che in diretta sta accadendo o, parimenti, che abbiano flash di memoria
che aiutino il lettore a capire la loro disarticolata complessità.
Direi una buona idea, che rende il libro
ancora più coinvolgente.
Concludo.
Sebbene, a detta di chi sa, il thriller
psicologico rimane un genere in sé irrisolto perché imperituro testimone
di personalità e identità dissociate, il rischio di scriverne e di parlarne è
un buon rischio.
®
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