Esplorazione del concetto di legge e di giustizia per Nico De Luca, il Salentino Albino nato dalla penna di William Bavone

 



Di Anita Curci

Vi troviamo la prima indagine di Nico De Luca in “Il morso del varano” di William Bavone, uscito quest’anno in libreria per Newton Compton. Una serie di omicidi terrorizza il capoluogo emiliano, così il PM incaricato del caso decide di affidarsi al “Salentino Albino”, il commissario pugliese arrivato in Emilia non solo per lavoro ma anche per allontanarsi da un misterioso passato.

William, laureato in Economia, ha scritto saggi di geopolitica, romanzi, novelle per bambini. Quest’anno pubblica “Il morso del varano”.  Si tratta del suo primo giallo?

Inteso come romanzo, sì. Per il resto, qualche storia breve è comparsa in alcune antologie, non è proprio la prima esperienza. Se poi vogliamo guardare ai parenti più prossimi del giallo, ossia al thriller e al noir, allora le storie distillate in racconti si moltiplicano. Proprio prima di questo romanzo, nel mese di maggio è uscito in formato cartaceo un racconto noir dal titolo “Falena” edito da SetteChiavi. Per me un gioiellino che parla per e alle nuove generazioni, un bell’esperimento narrativo a cui sono molto affezionato.

Perché la preferenza del romanzo di indagine? Cosa restituisce in più rispetto ad un’altra tipologia di libro?

È una domanda difficile a cui posso rispondere spiegando il mio processo creativo. Nella mia testa si accendono luci su personaggi, storie, eventi che diventano veri e propri film di immaginazione. Ma la cosa particolare è che non hanno confini di genere. Si tratta di storie che si formano e pulsano pretendendo di essere scritte e non mi lasciano in pace finché non lo faccio. Questa volta è toccato al genere giallo con sfumature che coinvolgono il noir, so che succederà ancora, ma non è un confine perché in narrativa non possono esistere. Poi occorre fare anche un’altra considerazione: parlare di un genere piuttosto che un altro, dal mio punto di vista, vuol dire semplicemente identificare il nervo dorsale della storia, il suo posto a scaffale, ma non è tutto qui. L’indagine può essere (e deve) essere il pretesto per raccontare altro come la società in cui è ambientata la storia (sia in termini geografici che culturali che storici), muovere una critica costruttiva nei confronti della stessa, e perché no, esplorare la psiche e l’animo umano. Sempre e comunque con un valore di critica costruttiva. Nel “Il morso del varano” per esempio, al netto dell’indagine, De Luca ci accompagna sia nell’esplorazione del concetto di legge e giustizia, sia nelle più intime difficoltà del confronto generazionale (in questo caso ci viene in aiuto anche sua nipote Giulia). In sintesi, mi piace pensare di non intrattenere solo il lettore, ma di lasciargli quel qualcosa in più che sopravvive nel tempo tra le pieghe della sua memoria.

Il suo commissario si chiama Nico De Luca ed è conosciuto come “Salentino Albino”. Che significa?

Carnagione chiara, barba ramata… è più un irlandese che un salentino, almeno nei tratti fisici. Se poi aggiungiamo la sua insofferenza all’estate e al mare abbiamo completato il quadro di questo ossimoro. È un gioco che può sembrare eccessivo ma vi assicuro che ha invece un riscontro nella realtà visto che questo appellativo me lo sono tolto dalle spalle e l’ho regalato a De Luca. Anni fa mi diedero del Salentino Albino proprio per la mia carnagione chiara e poco avvezza al sole, un paradosso per le mie origini ovviamente, e allora mi sono chiesto: “perché non regalare un paradosso così forte a un ispettore che vive di paradossi?”

De Luca dalla Puglia viene trasferito a Bologna per indagare su una serie di omicidi che sta seminando terrore tra i cittadini. Quanta connessione c’è tra le origini salentine del commissario e le sue?

Un aspetto importante della scrittura è narrare con cognizione, inventare storie ma capaci di aderire nello stesso tempo alla realtà. Ci vuole cura e dedizione in ciò e pertanto qualcosina va attinta dal proprio essere. Non tutto, ovviamente, altrimenti si finisce per scrivere un romanzo biografico e privo di senso. Però è anche vero che è da noi stessi che andiamo ad attingere le emozioni così come le descrizioni di luoghi, odori, eccetera. È un gioco di equilibrio da cui partire per spingersi oltre fino a percepire emozioni ben lontane dal proprio essere come l’odio o il desiderio di delinquere in ogni forma possibile. Quando raccontiamo una storia, per farlo al meglio, dobbiamo essere tutti i personaggi (intesi però come persone ben distinte tra loro) e nessuno (perché non dobbiamo cadere nell’errore di far diventare un personaggio noi stessi). Equilibrio, cura e attenzione: questa è la sintesi.

Tra tante città del Centro-Nord perché ha scelto Bologna?

La storia di “Il morso del varano” ha una genesi tutta particolare e che è spiegata nelle pagine finali. Una sorta di romanzo nel romanzo. Diciamo che la prima stesura è stata fatta in due mesi con un obiettivo ben preciso, poi è accaduto altro. Però ci sono anche lampi o avvenimenti banali che finiscono con il determinare il destino delle cose come nel caso di questa ambientazione. Ero davanti al PC e in sottofondo avevo “La Locomotiva” di Guccini. Preparavo uno schema di trama a cui aggrapparmi per non perdere le fila del giallo e mi sono chiesto “dove vorrebbe abitare De Luca?”. La risposta è stata facile: Via Paolo Fabbri, poco distante dal civico 43 dove per molti anni ha vissuto Francesco Guccini. Diciamo che la scelta è un vezzo intellettuale dell’autore. 

Come le è venuta in mente la trama?

Come dicevo è un film, una pellicola che mi si proietta nella mente e che vedo in modo nitido. Sta tutto poi nell’appuntare le prime cose per poi smussare gli aspetti incoerenti, definire per sommi capi dei personaggi e poi… scrivere e lasciare che tutti conquistino la propria personalità e la propria identità unica e distinguibile. Quello che si può fare e pensare a come potrebbe essere e prepararsi ad accettare che sarà sicuramente in tutt’altro modo. Con ciò voglio dire che un Nico De Luca o una Giulia, un conti o un Molinari (per citarne alcuni) diventino vere e proprie persone con una propria personalità e non dei burattini da muovere a comando. È il bello dello scrivere: presentarsi con una bussola per poi abbandonarsi alle correnti marine. Ovviamente una remata ogni tanto va data, ma il giusto indispensabile per non naufragare.

E la relazione con il varano?

All’inizio presentai il manoscritto con il titolo “Il riflesso”. Il mio agente esternò le sue perplessità e mi disse che sicuramente sarebbe stato cambiato. È quello che è successo. Il titolo che avevo scelto non dava punti di riferimento ed evocava ben poco. Newton mi ha chiesto un’alternativa e io ho riletto la storia per poi avere l’idea di iniettare all’interno l’immagine del varano. Bingo! In poche parole, ho visto un parallelismo tra la genesi del male e il modo di predare tipico del varano di Komodo. Questo sauro morde la preda, le inietta un veleno e la lascia andar via per poi divorarla quando sfinita esala gli ultimi respiri. Il male agisce allo stesso modo, ti entra dentro e ti fa marcire nel tempo fino a esplodere in un atto violento.

Nico mostra un senso di protezione ossessiva verso la nipote Giulia che vive con sé. C’è una storia parallela che dobbiamo aspettarci?

Nico non è un super eroe. Siamo in una società in cui non c’è la necessità di eroi, bensì di una riscoperta dell’umanità, di noi stessi e di accettare le proprie imperfezioni. Nico è imperfetto, ha diversi punti d’ombra, ha una propria fragilità e questo è umano. Il rapporto con Giulia riguarda tutti in realtà in un mondo in cui le generazioni finiscono con l’isolarsi e abbandonare il confronto. Viviamo una vita dove ognuno concorre per l’esaltazione di se stesso in competizione con gli altri. Dovremmo invece dialogare, trovare una mediazione tra noi superando anche le divergenze generazionali. Da qui si prospettano evoluzioni, nuove fragilità e nuovi modi di collaborare.

De Luca insegue le proprie ambizioni professionali, ma fugge anche dal suo passato. Che tipo di uomo è?

De Luca è un uomo ricco di paradossi: determinato nei rapporti professionali e incerto nelle interazioni intime (vedi il confronto con Giulia ma anche le sue vicissitudini sentimentali). A tratti è un orso, ma di quelli buoni e che sicuramente affrontano tutto con determinazione. Ovvio che ha margini di evoluzione importanti e che tutto sarà determinato da accadimenti che ne segneranno il percorso.

Sta già pensando al prossimo romanzo?

Il film l’ho già visto tutto, più volte, e qui siamo all’inizio. Vediamo cosa riserba il futuro. Per ora mi diverto a scrivere il terzo capitolo della storia…

 

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