Articolo di Claudia Siano
Chi non ha mai sentito parlare di Otto Lidenbrock, lo zio di Axel, il protagonista di "Viaggio al
centro della Terra" di Jules Verne? Il professor Lidenbrock insegna mineralogia ed è fortemente
appassionato di geologia, è la visuale ad essere anomala, lo vediamo sempre con gli occhi di Axel,
che lo dipinge con mille sfumature durante il viaggio, che egli stesso, voce narrante è spinto a
fare, contagiato dall’entusiasmo che pervade lo zio dopo la scoperta di un documento di
Sakanussemm.
Un libro, per il professor Lidenbrock, vale qualcosa solo se era introvabile o illeggibile, e in questo caso si tratta di un documento per il quale lo zio di Axel smette di mangiare, di dormire, di vivere.
Dalle parole del nipote si tratta solo di uno scartafaccio, del quale, non si capisce assolutamente
niente, in un passo paragona lo zio ad Edipo. E, a suo avviso, neanche lui sarebbe in grado di trovare una soluzione all’enigma riportato in quelle strane pagine. E prevede qualcosa di più grande di loro, ma Axel ha paura che, vista la testardaggine dello zio, quel qualcosa, può rivelarsi inevitabile.
Tante le descrizioni del professore, tra le più impressionanti: «Aveva gli occhi arrossati, era giallo
come un limone, i capelli attorcigliati tra le dita tremanti. Gli zigomi arrossati bastavano a rivelare
la sua lotta impari contro l’impossibile, e in quali fatiche intellettuali, in quale tensione fossero
passate per lui tutte quelle ore. Devo dire che mi fece pena».
Un personaggio delineato in ogni forma, complesso, con una fantasia, come la definisce la voce
narrante, vulcanica, per fare ciò che ama fare, rischierebbe la vita; un uomo fatto di passione ed
entusiasmo. La decisione di scalare lo Sneffels e quella di studiare il cratere, Lidenbrock ne parla
sempre, convinto che ogni strada che suggerisce il destino è necessario percorrerla. Un
uomo capace di trasmettere la curiosità, al punto da portare il nipote a ripercorrere tutta la
storia geologica dell’Islanda. Otto Lidenbrock, al contrario del nipote ha sempre equilibrio, non
barcolla mai. Il viaggio si rivela pieno di insidie, di momenti critici, in cui Axel teme la
morte, rischia di perdersi, fino ad arrivare al punto di rimanere senza cibo. Tra gioia
irrefrenabile e momenti di paura, l’instancabile Lidenbrock non fa mai un passo indietro, mai
un rimpianto, «mio zio si muoveva in fondo al cratere come una bestia feroce nella trappola di un
cacciatore», questo è il professore, anzi, più va avanti, più è fiducioso.
Lidenbrock ha sempre in serbo una spiegazione, riordina giornalmente gli appunti, calcola la
posizione con manometro e bussola, ha persino dato il suo nome al mare, il mare Lidenbrock, in
fondo lo ha scoperto lui. Per Lidenbrock le terre non sono solo da valicare, ma anche da
approfondire; è tutto così semplice per lui, anche quando il resto del mondo gli rema contro.
Axel si sorprende sempre del carattere dello zio, riesce sempre a sbalordirlo, persino quando
manca l’acqua, propone di fare una provvista con la pioggia dell’uragano. Nelle parole del
nipote, si percepiscono tutti gli stati emotivi dello zio in ordine sia crescente che decrescente:
stupore, incredulità, collera, ma mai avvilimento. Quando tutto è buio, quando tutto è da
ricominciare, prende le redini e ne viene a capo, non ammette che si ceda alla disperazione,
al punto da sembrare Aiace Telamonio, «sembrava che Otto Lidenbrock volesse sfidare gli dèi», è
questo, l’uomo degli impeti che consiglia al nipote la pazienza e il sangue freddo.
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