Raimondo Di Sangro: scienziato o ciarlatano? Artefice di capolavori o di meravigliose truffe? Parliamone sabato 13 e domenica 14 gennaio al Club del Giallo e dei Delitti di Carta

 

di Gaia Cimbalo

Raimondo Di Sangro, principe di Sansevero, è una delle mille figure misteriose che abita la mitologia napoletana e che, dopo circa trecento anni, ancora oggi riesce a sedurci col proprio fascino. Dalla personalità ecclettica e magnetica, amante della cultura, curioso di sapere e di conoscere ben più di quanto gli fosse concesso in vita, don Raimondo era disposto a sfidare le leggi giuridiche ed etiche per ottenere ciò che voleva.

Nato a Torremaggiore, in Puglia, nobile molto presente alla corte napoletana di Carlo III (da cui ricevette l’ambita nomina di gentiluomo di camera con esercizio di Sua Maestà), è difficile inquadrarlo senza limitarne le immense competenze. Esoterista, alchimista, farmacista, inventore, anatomista, scrittore… viveva in quel magnifico palazzo vicino San Domenico Maggiore, dove nel 1771 si concluse la sua esperienza terrena, lasciando ai posteri tanti enigmi su cui scervellarsi. Dopo 314 anni dalla nascita (30 gennaio 1710), di questo personaggio affascinante e controverso, si discuterà al Club del Giallo e dei Delitti di Carta sabato 13 e domenica 14 gennaio 2024. In particolar modo, Ciro Sabatino, presidente di Gialli.it e direttore del Festival del Giallo Città di Napoli, parlerà con la giornalista Stella Cervasio e il magistrato Raffaele Marino, del don Raimondo tenebroso, dei segreti che nascondeva, delle Macchine Anatomiche e del Cristo velato. Capolavori o meravigliose truffe? E lui, scienziato, uomo straordinario o ciarlatano?

Intanto, Benedetto Croce lo definiva “Il Faust napoletano”, assimilando la sua figura al Faust Marlowiano, personaggio tragico che vende la propria anima al diavolo in cambio di ventiquattro anni in cui avrà potere e conoscenza assoluta. L’opera racconta di un uomo che pecca di hybris, tracotanza, e osa arrivare dove a nessuno è concesso di arrivare, scrivendo così la propria rovina. Non stupisce quindi che Benedetto Croce paragoni Raimondo Di Sangro al personaggio tragico; infatti, anche il principe era un uomo dal multiforme ingegno, con una grande sete di sapere e una curiositas fuori dal comune, che gli consentì di raggiungere risultati inaspettati. Uno dei traguardi che forse gli diede maggiore soddisfazione fu quello di poter accedere all’Indice dei Libri Proibiti, nel 1743 quando ricevé la nomina di accademico della Crusca. L’accesso a scritti di illuminismo radicale, a trattati sulla massoneria, a testi con riferimenti alchemici e trattati scientifici, contribuì ad aprire i suoi già ampi orizzonti, saziando così la sua sete sia di letterato che di uomo di scienza. Il suo successivo coinvolgimento con la massoneria infic sensibilmente i suoi rapporti con la Chiesa e accrebbe le numerose leggende nere sul suo conto.

Gli screzi con il Clero gli fecero adottare misure di riservatezza, quelle che probabilmente i posteri hanno confuso con atteggiamenti tenebrosi. Così, nei suoi carteggi, divenne sempre più vago, specie quando si trattava dei propri esperimenti. Un esempio calzante è il suo “lume perpetuo”: egli aveva scoperto un combustibile che sarebbe stato in grado di bruciare tre mesi dalla prima accensione. Si disse che la sostanza fosse ricavata da ossa di cranio umano, chi sa se è verro. Don Raimondo credeva fermamente in questa invenzione e aveva espresso la volontà che fosse questa l’illuminazione del Cristo Velato della Cappella Sansevero, che tanta pena e impegno gli costarono, anche economico. Ad oggi nella Cappella è possibile visionare non solo grandiose opere d’arte, ma anche alcuni dei progetti del principe: in particolare le Macchine Anatomiche, che hanno contribuito ad accrescere le leggende su di lui, in quanto si narrava che per realizzarle avesse ucciso sette suoi servitori e poi imbalsamato, solo per poter portare avanti le sue ricerche in ambito scientifico-medico. Il suo laboratorio, seppur popolarissimo e una delle tappe del Grand Tour dei giovani aristocratici europei, era avvolto da una coltre di terrore per il popolo napoletano, che lo descriveva come un covo da cui provenivano rumori inquietanti e olezzi disgustosi. E, ancora oggi, se si passa sotto le mura del suo palazzo a notte fonda, pare di sentire qualcosa di insolito...

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