Yara Gambirasio: autopsia di un Paese in cui una donna su tre è vittima di intollerabili violenze

Ne discuteranno al Club del Giallo e dei Delitti di Carta, sabato 20 e domenica 21 gennaio, la giornalista giudiziaria Laura Marinaro e il magistrato Raffaele Marino 


di Gaia Cimbalo

Yara Gambirasio, ragazzina di 13 anni solare e dal futuro promettente, promessa della ginnastica ritmica e brava a scuola, scompare nel nulla il 28 novembre del 2010. Si era recata nella palestra dove svolgeva abitualmente il suo sport preferito in via del tutto eccezionale, solitamente lei il venerdì non frequentava la palestra, ma lo stereo si era rotto ed aveva deciso di portare il proprio. Purtroppo, Yara non tornerà mai più a casa.

Il libro “Yara.Autopsia di un’indagine” scritto da Laura Marinaro e Roberta Bruzzone, fa luce su una vicenda che ancora oggi presenta delle zone d’ombra e chiarisce i dubbi che ancora oggi molti sollevano sulla questione. Al Club del Giallo e dei Delitti di Carta sabato 20 e domenica 21 gennaio 2024 tratteremo l’avvenimento con una delle autrici, Laura Marinaro, giornalista giudiziaria, con il magistrato Raffaele Marino e con il presidente di Gialli.it e il fondatore del Festival del Giallo della Città di Napoli, Ciro Sabatino.

Il corpo viene ritrovato il 26 febbraio del 2011, presenta ferite da taglio su tutto il corpo, in particolare all’altezza delle gambe, dell’intimo e nessun segno di difesa: probabilmente il colpo ricevuto alla testa le aveva fatto perdere conoscenza. Dall’autopsia emerge un risultato alquanto doloroso: nessuna di queste ferite risulta mortale, Yara muore di stenti, a causa dello stress per l’aggressione e delle basse temperature. Il suo carnefice l’ha lasciata morire lì dopo averle procurato delle sevizie volte solo a procurarle grandissimo dolore. Vicino al corpo sono stati trovati degli slip da uomo, un asciugamano sporco di sangue, polvere di calcio e sferette metalliche, questi ultimi due particolari rimanderebbero al mondo dell’edilizia e saranno poi utili per il riconoscimento del colpevole.

Le indagini si protraggono a lungo, e dopo alcuni buchi nell’acqua si giunge a una svolta: nel maggio del 2011, il RIS estrapola su un campione rinvenuto sugli slip della vittima un profilo genetico maschile, denominato Ignoto 1. Grazie a ciò viene identificato il colpevole: Massimo Giuseppe Bossetti, un muratore dal passato turbolento, che sembra condurre una vita perfetta, ma dietro le apparenze pare si celi altro.

Il materiale latamente pedopornografico ritrovato sui dispositivi dell’uomo, le tracce di materiale proveniente dal mondo dell’edilizia e in ultimo, ma non per importanza, il DNA ritrovato sugli slip di Yara provano incontrovertibilmente, secondo gli atti giudiziari, la colpevolezza di Bossetti, il quale viene arrestato il 16 giugno del 2014 e condannato all’ergastolo il 1° luglio del 2016.

La morte di Yara purtroppo non è stata né la prima né l’ultima in tema di violenza sulle donne (o donne bambine), che rimane una delle pagine nere della nostra contemporaneità, in cui sempre più spesso si sente di omicidi di giovani, vittime non solo del loro dei loro carnefici, ma della società stessa in cui nascono e crescono, che poco si cura di loro e dei loro bisogni.

Yara non è solo la vittima di un omicidio, è anche e soprattutto vittima di una tentata violenza. Lo stupro è sempre un atto di potere, atto indegno volto non solo alla necessità di riconfermare la propria dominanza, ma anche e soprattutto di umiliare la donna, privarla del controllo di sé e del proprio corpo.

I dati Istat risalenti al 2010 restituiscono un’immagine chiara dell’Italia del tempo (ma poi non così dissimile da quella attuale): sono di nazionalità italiana il 60,9% degli autori di stupro commessi nel nostro Paese, in Italia, una donna su tre – in una età compresa tra i 16 e i 70 – è stata vittima di violenza; Il 6,6% delle donne ha subito violenza sessuale prima dei 16 anni; nel 76,5% dei casi l’aggressore non era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti né di alcool.

Giovanissime le vittime più frequenti di uomini italiani che senza nessuno stato alterato decidono di violarle: non è un caso che la violenza sulla donna si manifesti con lo stupro, la riduzione del corpo a mero oggetto sessuale, vittima di fantasie perverse. Uno scontro impari il cui straziante risultato è purtroppo scontato.

Avviene, dunque, una doppia prevaricazione sul corpo di questa bambina, il suo corpo un campo di battaglia, un monito a ricordarci di fare sempre di più per impedire che queste tragedie accadano ancora e ancora.

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Foto di Alfred_Grupstra


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