Di Fabio Gaudiosi
Nell’anno del settecentesimo anniversario della morte di Marco Polo, Netflix pubblica un documentario, “I misteri dell’esercito di terracotta”, che accende la luce su alcuni dei segreti più affascinati dell’ottava meraviglia del mondo.
Una
nebbia sottile, abbassandosi lenta sulle palafitte, oscurava le fitte viuzze che
componevano il centro, mentre alcune barche risalivano silenziosamente le lenti
correnti dei canali. Una folla si ammassava intorno all’antica residenza della
famiglia Polo, in un triste congedo al personaggio più rispettato e
affascinante che quelle persone avessero avuto la possibilità di conoscere
nella loro vita. Era l’otto gennaio 1324 e Venezia si apprestava a salutare per
sempre il più grande esploratore di tutti i tempi, il suo Marco Polo. Un uomo
che aveva sfidato la definizione di impossibile fino a raggiungere i confini
più lontani dei propri sogni, che aveva osato spingere la sua curiosità oltre i
limiti angusti che i mezzi utilizzati nella sua epoca gli imponevano, che era
riuscito a portare il suo sguardo verso quei popoli remoti, sui quali gli unici
racconti di cui si era a conoscenza erano irrimediabilmente colorati di leggenda.
E scrisse: fu il primo, infatti, a redigere un dettagliato resoconto del
viaggio nel suo libro, “Il Milione”, ispirazione per intere generazioni di
viaggiatori europei.
Marco
Polo approfondì il mistero per eccellenza, il velo sottile che risiede dietro il
segreto fascino della diversità, l’urgente necessità di conoscere le profonde
differenze tra popoli, gettando i propri occhi verso gli orizzonti delle
culture più lontane. Perché l’esplorazione implica alle proprie spalle la ricerca
di qualcosa, l’assoluta necessità di sperimentare, di scoprire, accorgendosi
dell’insufficienza della propria conoscenza. È lo sforzo più grande e più
importante che l’uomo possa porre per riuscire a completare se stesso, per
raggiungere quell’intima parte della propria natura che sfugge alla superficie
delle cose, nell’insaziabile tensione che si crea tra il conosciuto e il
conoscibile. Un passo dopo l’altro, Marco Polo conobbe le culture più
disparate, fino a raggiungere i confini della sconosciuta Cina.
Una
nazione immensa, la Cina, che ancora oggi nasconde segreti agli occhi dei suoi
contemporanei, i quali sfidano il tempo alla ricerca della verità che si cela dietro
ai suoi misteri.
Era
solo il 1974 quando casualmente, nell’atto di scavare una buca per costruirci
un pozzo, Yang Zhifa, un contadino del villaggio di Xiyang, scopriva una serie di fosse sepolcrali contenenti statue in terracotta
di soldati, dando di nuovo luce a quella che sarebbe diventata l’ottava
meraviglia del mondo. Una sterminata moltitudine di guerrieri, di carri e di
cavalli destinata a proteggere il primo imperatore della dinastia dei Chin, il
grande Qin Shi Huangdi e di cui solo un’ottava parte è stata ad oggi
effettivamente riassemblata. Un’opera mozzafiato per bellezza e magnificenza,
in cui ciascun pezzo rinvenuto racconta una storia, nascondendo misteri e
rivelando segreti. Al centro di tutto le sorprendenti verità che solo il tempo ha
potuto portare alla luce, attraverso le minuziose indagini condotte dagli
esperti nel sito: ed è proprio il senso di questi studi che viene restituito dal
documentario “I misteri dell’esercito di terracotta”, pubblicato da Netflix nel
2024, in cui si raccontano i segreti più affascinanti che quest’opera
monumentale cela, laddove dietro ai propri frammenti si nascondono le origini della
Cina. Attraverso l’analisi dei ritrovamenti si è infatti potuto affiancare una
testimonianza tangibile allo Shiji, primo documento storiografico cinese;
se infatti quest’opera rappresentava l’unica fonte a partire dalla quale poteva
ricostruirsi la storia della Cina, si era sempre dubitato della sua
attendibilità, essendo essa al tempo stesso intrisa di leggenda, portando così
gli storici a interrogarsi su quali dei fatti narrati fossero effettivamente
accaduti e come si fossero potuti verificare. Come si è potuto costruire
l’esercito di terracotta in così poco tempo? Da cosa è derivata la caduta della
dinastia dei Chin, capace di cotanta impresa, dopo appena quindici anni dalla
morte del suo primo imperatore? Sono stati proprio gli studi dell’esercito di
terracotta a consentirci di ottenere alcune risposte. Guardando il documentario
lo spettatore scoprirà infatti come, attraverso il ritrovamento di un gran
numero di collari nei pressi del sito, si sia potuto dedurre che l’intera area
fosse densamente popolata da detenuti, evidentemente coinvolti nella
costruzione del mausoleo: essendo state trasformate tutte le città limitrofe in
enormi laboratori per la lavorazione della terracotta, si consentì così l’immediata
realizzazione dell’opera.
Al contempo, le sepolture rinvenute nelle aree adiacenti al
mausoleo hanno invece condotto gli storici a ricostruire le fasi successive
alla morte dell’imperatore, attribuendo tali mucchi di ossa ai corpi dei suoi
figli, drammaticamente assassinati durante la fase cospirazionale. Come
raccontato infatti anche dallo Shiji, le più alte cariche dello Stato, Li
Si (il primo ministro) e Zhao Gao (capo eunuco), ordirono un colpo di Stato,
consentendo al principe Hu Hai, solo l’ultimo dei discendenti della famiglia
Chin, di poter salire al trono. Seguirono anni di terrore che culminarono
nell’onda di ribellioni che il governo dovette fronteggiare: vittima delle
stesse crudeltà di cui si era irrimediabilmente macchiata, la dinastia Chin
perse presto il potere, fino al celebre incendio che colpì il cuore della capitale.
A pochi passi, l’esercito di terracotta venne saccheggiato e dato alle fiamme,
come testimoniato dalle molteplici tracce di combustibile rinvenute all’interno
del sito.
In un documentario che coinvolge lo spettatore mostrandogli
il lavoro svolto da tutti i ricercatori presso il sito, emerge come tali
storici siano animati da un’insaziabile sete di conoscenza, potendo anch’essi
in fondo essere definiti degli esploratori, abbeverati dall’inesauribile fonte
della curiosità, che spinge sempre l’uomo a porsi domande nonostante la
consapevolezza della difficoltà delle risposte. Insomma, rendendoci partecipi dei
loro studi questi ci dimostrano, come aveva già fatto Marco Polo, che a volte
la realtà può superare anche l’immaginazione. Nel nostro blog raccontiamo
spesso di libri e in fondo anche l’esercito di terracotta lo è: un volume
scritto dal tempo e tramandatoci dall’antichità; un codice da decifrare, con i
suoi segreti e le sue formule; un mistero da risolvere, dove gli strumenti a
nostra disposizione sono, come sempre, un cuore ricolmo di curiosità, di spirito
di avventura e di un pizzico di fantasia.
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