Vicende di sangue nelle botteghe dei barbieri medioevali. L’incredibile storia del cilindro bianco e rosso

 


Di Fabio Gaudiosi


A volte alcuni oggetti nascondono una storia dietro alla loro apparente insignificanza, celando un passato affascinante, antico e pieno di mistero. Capita addirittura che ci si passi accanto senza farci caso, ignorando magari secoli di racconti che questi portano con sé. Eppure quegli oggetti restano lì, fieri, pronti ad aprire le pagine della loro vita a chiunque non distolga lo sguardo vedendoli, ma resti incantato dalla forza evocativa che emanano. Uno di questi è il palo a strisce rosse e bianche visibile tutt’oggi fuori ad alcune barberie, le cui origini provengono addirittura dal Medioevo.

Era il 1307 quando a Londra una legge disponeva che “nessun barbiere sarà così temerario o ardito da mettere sangue nelle finestre”, vietando così di esporre vasetti, contenenti liquidi corporali, per segnalare le attività che si svolgevano all’interno dei propri locali. Ma cosa c’entra il sangue con i barbieri? E soprattutto, che attinenza ha questa legge con la nascita del famigerato palo bianco e rosso?

È necessario premettere che nel Medioevo uno dei principali strumenti di cura era considerato il salasso, pratica con cui si intendeva prelevare del sangue per depurare il corpo del paziente: si riteneva infatti che il cibo, una volta ingerito, si trasformasse in sangue e che potesse essere poi smaltito soltanto con del buon esercizio fisico. 

Ebbene, se questo procedimento non si svolgeva correttamente, si temeva che il sangue finisse per ristagnare nel corpo, divenendo così estremamente dannoso per la salute del paziente, il quale sarebbe stato facilmente soggetto a mal di testa o febbri, fino a prospettare addirittura un pericolo d’infarto. 

Ad esempio, i monaci erano tenuti a sottoporsi a salasso almeno quattro volte all’anno, per far sì che la loro salute fosse costantemente sotto controllo. Infatti gli ecclesiali non erano soltanto pazienti, ma si occupavano essi stessi di curare i comuni cittadini laddove ne avessero bisogno. 

Quest’attività, per quanto compatibile con gli approfonditi studi cui tali soggetti accedevano, fu però ritenuta inconciliabile con il sacerdozio da papa Alessandro III nel 1163, fino ad arrivare al divieto assoluto di qualsiasi pratica chirurgica imposto nel 1215 e rivolto a tutti i medici che vestissero la tonaca, al fine di evitare che il loro ministero potesse essere in qualche modo condizionato dalla accidentale (ma tutt’altro che infrequente) morte di un paziente. 

Fu per tale ragione che i barbieri, avvezzi all’uso di strumenti delicati e abituati a supportare i monaci nel corso dei loro interventi, ritennero conveniente cogliere questa opportunità, proponendosi di svolgere quelle operazioni che ormai erano precluse ai sacerdoti. 

Il salasso, come altri piccoli interventi, era infatti considerato come un’operazione minore dai chirurghi veri e propri, i quali furono ben contenti di raccomandare i propri pazienti ai barbieri, laddove le malattie fossero risolvibili con un semplice prelievo di sangue. 

Fu così che questi cominciarono a tramandarsi l’antica arte dei salassi, ottenendo legittimazione a Londra come a Parigi, fino alla Repubblica di Venezia che, nel 1271, arrivò persino a istituire la Corporazione dei barbieri, distinta in otto diverse tipologie in base alle differenti competenze. Insomma, fino al tramonto del ’700, in cui i vari Stati cominciarono a varare leggi impedendo lo svolgimento di operazioni da parte di chirurghi non specializzati, i barbieri furono i principali addetti ai salassi. 

Ebbene, esistendo ancora all’interno della categoria professionale coloro che invece non offrivano anche tali servizi, si ritenne necessario pubblicizzare in qualche modo la propria attività, segnalandola all’esterno: fu così che si consolidò l’uso di mettere ben in vista, all’ingresso dei propri locali professionali, i vasetti contenenti il sangue prelevato nelle precedenti operazioni. Ed eccoci ricollegati alla norma emanata a Londra nel 1307. 

A seguito del divieto, dunque, i barbieri si trovarono costretti ad escogitare un diverso metodo con il quale segnalare i propri servizi; è per questo che si decise di esporre proprio gli oggetti del mestiere: il palo (bianco) a cui il paziente doveva aggrapparsi per consentire al barbiere di tenere ben in vista le vene da cui effettuare il prelievo; le garze, rosse perché sporche del sangue versato nel corso dell’intervento, messe ad asciugare a testimonianza della riuscita dell’operazione appena conclusa. 

Con il tempo poi, per garantire una maggiore igiene, le stesse aste furono direttamente pitturate di bianco e di rosso, colori ai quali si aggiunse il blu nella tradizione americana (riprendendo evidentemente la bandiera statunitense).

Il palo da barbiere ha insomma una storia antichissima, che affonda le sue radici nelle antiche arti di un mestiere ormai profondamente cambiato.

Alcune barberie mostrano ancora queste aste con orgoglio, rivendicando i prestigiosi giorni in cui i loro predecessori erano considerati chirurghi. Dunque, quando ve lo vedrete dinanzi, fermatevi un istante e riflettete sull’importanza di questo palo: testimonianza di una medicina antica, di credenze popolari e scientifiche al tempo stesso, strumento di guadagno e di lustro; sul suo percorso si sono trovati papi e sacerdoti, barbieri e popolani. Reperto di un tempo ormai passato, ma pronto a condividere la sua incredibile avventura. Basta solo che gli permettiate di raccontarvela.

La pratica del salasso venne utilizzata fino alla fine del Diciannovesimo secolo, quando fu ritenuta il più delle volte inefficace e portatrice di infezioni mortali. Ma questa è un’altra storia…

 

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