Racconti dell’orrore e non è letteratura. L’assurda storia di Giulia Tramontano. Anita Curci dialoga con Laura Marinaro
GIALLI DI DONNE/DONNE DI GIALLI
A cura di Anita Curci
È trascorso un anno da una
tragedia che ha scosso l’Italia in maniera forte. Il 27 maggio 2023 a Senago
(Milano) ecco un’altra vittima della cultura maschilista che credevamo
superata, ma che in realtà si rafforza di giorno in giorno con sempre maggiore
vigore. La vittima, anzi, le vittime, sono la ventinovenne Giulia Tramontano e
il suo piccolo Thiago ancora in grembo. Incinta di sette mesi, la giovane donna
all’inizio viene dichiarata scomparsa, poiché di lei si perdono le tracce, poi
il terribile epilogo. E comincia il racconto dell’orrore che non è letteratura,
ma una vicenda vera, raccapricciante e assurda.
Reo confesso di un omicidio
inconcepibile, il fidanzato convivente, Alessandro Impagnatiello, che Giulia
aveva conosciuto in chat durante il periodo del Covid.
Anita Curci, direttrice di
Gialli.it Dossier Misteri e ideatrice della rubrica Gialli di Donne/Donne di Gialli, ne discute con Laura
Marinaro, giornalista esperta di casi true crime e che per il settimanale
Giallo ha seguito direttamente il caso e il processo. Ad ottobre la giornalista
insieme a Roberta Bruzzone uscirà in libreria con il nuovo true crime
“Narcisismo Mortale, la storia di Giulia Tramontano” (Mursia).
IDENTIKIT DELLA VITTIMA
Laura, chi era Giulia
Tramontano?
Giulia era una donna seria,
indipendente e determinata. Era originaria di Sant’Antimo, un paese vicino
Napoli, prima di tre figli con Chiara e Mario, il minore. Giulia era venuta al
Nord per aprire la mente e cercare il futuro: dopo la laurea in Filosofia a
Napoli aveva frequentato una scuola di turismo di alto livello a Cernobbio e
lavorava in un’agenzia immobiliare di affitti brevi di lusso. Conosceva le
lingue, amava viaggiare e amava la vita. Purtroppo si era legata alla persona
sbagliata e aspettava un figlio da lui, un bambino che era ormai il centro
della sua vita.
Raccontiamo la storia della
convivenza tra Giulia e il fidanzato. Impagnatiello quasi subito si è dimostrato
un partner problematico…
I due hanno deciso di convivere
abbastanza presto dopo i primi mesi di conoscenza, anche per dividere le spese
di affitto. Impagnatiello ha un figlio di 8 anni e da subito ha cercato di
coinvolgere Giulia che era molto materna nella gestione del figlio. Sin
dall’inizio l’ha un po’ isolata. Giulia aveva poche amiche a Milano, mentre lui
pensava alla sua carriera di barman all’Armani Hotel. Quando è venuto a sapere
che Giulia era incinta, ha fatto di tutto per confonderla: un giorno le ha
detto che non lo voleva, un giorno il contrario. Poi, come sapremo, l’ha lentamente
avvelenata, giorno dopo giorno, con il topicida proprio per provocare l’aborto.
Quando ha scoperto che
Alessandro era un soggetto da allontanare, Giulia si è accorta che non poteva
più abortire. Da quel momento come se l’è vissuta la gravidanza?
Non lo ha scoperto se non alla
fine. Comunque la gravidanza l’ha vissuta male perché lui aveva confessato il
tradimento, poi aveva ritrattato e lei ci sperava. L’ultimo giorno l’ha
smascherato del tutto, ma era troppo tardi purtroppo.
Il rapporto con la famiglia.
Giulia si confidava con sua madre e sua sorella, in particolare. Raccontava
loro anche del sapore cattivo delle bevande che conservava in frigo. O quello
delle tisane che beveva per lenire i bruciori di stomaco provocati dal topicida
che assumeva a sua insaputa…
Certo, lei aveva un rapporto
splendido con la mamma e con la sorella. Un rapporto che è stato raccontato nel
processo minuziosamente da entrambe. Il fatto che qualsiasi liquido sapesse di
ammoniaca non insospettiva più di tanto perché capita alle donne incinta di
sentire alterati certi sapori.
I messaggi trovati sul
telefonino di Giulia sono stati determinanti ai processi.
Determinanti i messaggi che
Alessandro mandava dal cellulare di Giulia dopo averla uccisa, fingendosi lei.
Li ha mandati all’amante addirittura, alla mamma. Il papà si era insospettito
perché l’aveva chiamata “madre” e per iscritto non lo faceva mai.
IL CASO
Come è stata uccisa Giulia,
dove e quando di preciso?
Giulia è stata colpita prima alle
spalle appena entrata in casa nel soggiorno verso le 19.20 del 27 maggio. Poi
lui ha infierito per 37 volte sul corpo con un coltello da cucina. Dopo l’ha
portata nella vasca da bagno dove con alcol come accelerante ha tentato di
bruciarla, ma visto l’odore forte provocato, ha desistito. Quindi l’ha avvolta
nel cellophane con nastro adesivo grigio e l’ha trascinata per le scale esterne
nel box. È risalito in casa e ha pulito tutto. Nella notte ha portato fuori i
vestiti di Giulia, le scarpe, i resti. Poi è andato dall’amante che si è
rifiutata di farlo entrare in casa. Il giorno dopo ha tentato di bruciare di
nuovo il corpo nel box, e pure stavolta non ci è riuscito. L’ha spostata in
cantina, poi in auto e per due giorni l’ha portata in giro. Infine, l’ha
abbandonata nell’intercapedine tra due box a 500 metri da casa.
All’inizio si pensava che fosse
scomparsa. Come si è poi scoperta la verità?
Si è scoperta perché i sospetti
già c’erano. Ma un particolare è stato importante: quando ha fatto la denuncia
di scomparsa ai Carabinieri di Senago, la domenica sera, Impagnatiello ha detto
che la sera del 27 maggio dopo aver litigato con Giulia e dopo che lei era
uscita (a mezzanotte) per comprare le sigarette (!!!), lui era uscito ed era
andato a Milano per acquistare della marjuana. In verità i Carabinieri accertarono
subito che all’indirizzo da lui indicato non esisteva nessuno e che invece lì
vicino abitava la sua amante.
Come ha agito e reagito
Impagnatiello? Verso quali vie ha condotto gli inquirenti?
La sera del 31 maggio i Carabinieri
dopo aver trovato le tracce di sangue nell’auto, lo hanno accompagnato a casa
con una scusa e gli hanno mostrato le reazioni al luminol e alle luci forensi
del sangue non ripulito in casa e sulle scale. A quel punto ha ceduto e ha
confessando portando gli inquirenti nel luogo dove aveva nascosto il cadavere.
Nella prima confessione ha detto di averla uccisa perché lei voleva ferirlo. Assurdo.
Poi ha cambiato diverse versioni, ma le risultanze scientifiche e
investigative, e anche la testimonianza dei vicini ai quali non sono passati
inosservati i suoi strani movimenti nel box e nemmeno l’odore di bruciato, lo hanno
incastrato alle sue responsabilità.
Cosa ha raccontato l’autopsia?
Che Giulia è stata assalita da
tergo e solo dopo il primo colpo alla scapola, che ha provocato un copioso
dissanguamento, si è voltata. Non ha potuto difendersi. Il bambino è morto
successivamente alla sua morte. Non avrebbe potuto nascere. Per questo i reati
sono omicidio volontario aggravato e premeditato, distruzione di cadavere e
interruzione volontaria dolosa della gravidanza.
L’INDAGATO
Ci serve sapere chi è
l’artefice di un delitto così barbaramente concepito. Chi è Alessandro Impagnatiello?
Un narcisista patologico
maligno overt, che nutre il suo io grandioso con le sue vittime. Manca di
empatia ed è totalmente concentrato su se stesso. Un soggetto così né si pente
né si uccide. Non prova nemmeno pietà per se stesso.
Era un traditore seriale?
Tradiva Giulia con frequenza?
Dal luglio precedente aveva una
relazione parallela con una collega di lavoro molto giovane che, quando a
dicembre si è accorta di essere incinta, ha subito abortito. A lei,
Impagnatiello, aveva detto: “da settembre sarò tutto tuo”. Se avesse tradito
anche prima non so, lo credo comunque possibile, essendo così bugiardo.
Giulia ne era al corrente? Come
ha agito e reagito?
Giulia lo aveva saputo da lui, che
ha poi ritrattato. Aveva dei sospetti, ma è stata proprio l’altra a contattarla
quando ha capito che il suo amante mentiva anche a lei. Le due donne si sono
incontrate, avrebbero voluto smascherarlo insieme però lui non si è presentato
all’appuntamento. Hanno solidarizzato, anche se Giulia alla fine si era
convinta a lasciarlo. L’altra voleva che stesse a dormire da lei, aveva forse
paura della reazione di Alessandro, ma Giulia ha voluto affrontarlo. Non poteva
immaginare il delirio che l’aspettava.
Impagnatiello e le sue
menzogne: all’amante, ai colleghi e agli amici raccontava ad ognuno una favola
diversa...
Certo, esattamente come
Bossetti, il Favola. All’amante diceva che Giulia era pazza e aveva bisogno di
sostegno e che il bambino era frutto di una notte folle a Napoli; a Giulia
diceva che l’altra non esisteva più e che lui ormai voleva solo loro (lei e il
nascituro Thiago); ai colleghi diceva che suo figlio maggiore in realtà era un
suo nipotino; ai Carabinieri ha detto che il topicida serviva ad uccidere le
pantegane nella piazzetta vicino all’Hotel dove andava fumare le canne.
Da quanto tempo meditava sul
suo piano delittuoso?
Da dicembre avvelenava con il
topicida Giulia. Ma il delitto vero e proprio credo lo abbia meditato quando ha
saputo di essere stato smascherato per il tradimento.
Duplice omicidio. Una vita
spezzata nel meglio della propria esistenza, per la giovane Giulia; una vita
appena promessa al piccolo Thiago, per cui poteva auspicarsi un futuro ricco di
cose belle assieme alla madre, ai nonni, alla zia Chiara e allo zio Mario.
Invece, tutto spazzato via prima ancora di vedere la luce... La domanda è:
perché?
È difficile spiegarlo. Lui non
ha saputo dirlo. Ma la ragione sta nel suo essere narcisista e patologico:
Giulia ormai costitutiva un ostacolo troppo grande per esercitare la sua
grandiosità, non serviva più, la sua nuova vittima quella da cui nutrirsi era
l’altra ragazza forse. Giulia dove essere eliminata e prima di lei il bambino.
LA STORIA GIUDIZIARIA E LE CONCLUSIONI
Quanti processi ci sono stati?
Sono concluse le indagini? Del caso si sa tutto o permangono zone d’ombra?
Il processo in Corte d’Assise a
Milano è in corso di svolgimento da gennaio 2024 ed è prevista la sentenza a
novembre. Prima della pausa estiva è stata chiusa la parte delle testimonianze.
La fase peritale è in svolgimento e a metà ottobre si avranno le conclusioni.
Cosa è emerso finora dal
processo?
La dinamica, le testimonianze,
anche la natura di narcisista dell’imputato.
All’ultima udienza di giugno
scorso, Impagnatiello ha affermato di sentirsi completamente perso e di sperare
di non svegliarsi al mattino per il suo gesto di “una disumanità incredibile”.
La difesa sta forse tentando la via dell’infermità mentale?
Premesso e chiaramente
dimostrato che non si è trattato di un raptus, la Corte su richiesta della
difesa ha disposto una perizia psichiatrica per decidere sull’incapacità di
intendere e di volere al momento del delitto e sulla pericolosità sociale.
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