Festival del Giallo città di Napoli. Il caso Dumas

 DUMAS E L'ETICA DEL PLAGIO 


Siamo alla Villa Floridiana nella seconda giornata del Festival del Giallo città di Napoli diretto da Ciro Sabatino. All'evento delle 12.00 sul caso Dumas, Ugo Cundari e Luca Crovi parlano dell’opera ritrovata di Dumas, “L’assasinio di Rue Saint-Roch”, e si interrogano sul possibile plagio con i “I delitti di Rue Morgue” di Edgar Allan Poe e quindi sulla possibile paternità dell’opera dell’uno o dell’altro, come illustrato nel libro di Ugo Cundari sull’argomento chiamato proprio come l'accusata opera di Dumas. 

Dumas, il re dei follieton, era noto per la dubbia morale che applicava nell’appropriarsi di storie altrui. In più, lo scrittore disponeva di una schiera di collaboratori che lo aiutavano nella stesura dei suoi lunghissimi romanzi, antesignani dei ghostwriters, e non sempre si premurava di dare i crediti necessari.

C'è poi da dire che la citazione a Dumas al Festival del Giallo non è casuale, in quanto l’autore era un grande amante della città. A Napoli vi era arrivato grazie a Garibaldi con i Mille narrandone anche la grandiosa impresa. Trovatosi qui, Dumas fonda poi vari giornali, fra cui “l’Indipendente”, stendardo della posizione politica dello scrittore riguardante la politica dell’epoca. È proprio all'intero di un numero del giornale, conservato in biblioteca, che Cundari trova una storia d’appendice, firmata da Dumas: “I delitti di Rue Saint-Roach”. Questo romanzo presenterebbe delle grandi somiglianze con l’opera di Poe, somiglianze smaccate che provocano sospetti. Non ci sono prove della loro collaborazione, dei loro incontri, né un carteggio che provi la loro conoscenza, ma sicuramente le due opere si contaminano, volontariamente o meno, perché la lettura è questo: un incentivo all’incontro.

Poe comunque, nonostante fosse americano, non era estraneo al mondo europeo in quanto in gioventù gli era stata impartita un’educazione inglese e ne è testimone la sua conoscenza. Quindi, non è assurdo pensare che l’opera possa essere sua, grande amante di Parigi come setting della sua opera, una Paris sognante e letteraria. 

Cundari disquisisce poi sul proprio metodo di scrittura, sulla sua difficoltà nel ricercare le fonti e di interpretarle, riflettendo anche su quello che potrebbe sembrare un ostacolo a primo sguardo ma che in realtà si rivela una ricchezza: non essere un professionista del settore. Considerato da Cundari un vantaggio perché capace di offrirgli una prospettiva nuova, diversa e scevra da preconcetti accademici. Il libro di Cundari si presenta come un romanzo appassionante, un’inchiesta che dà certezze ma che lascia anche alcuni interrogativi aperti e immagina alcune possibili ipotesi, rivendicando l’importanza delle elucubrazioni, perché è proprio dagli interrogativi irrisolti che nasce la scintilla dell’indagine.

 

Articolo a cura di Gaia Cimbalo

 

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