LA PAURA di LUCARELLI
La paura. Il ronzio di una mosca. L’incedere di passi lenti sul parquet. L’ombra di una figura nascosta riflessa nel muro. Tutto può essere paura, se avviene alle nostre spalle.
Siamo alla Villa Floridiana, nel terzo giorno del Festival del Giallo città di
Napoli, diretto da Ciro Sabatino. Alle 20:30 cala il buio su una sala
affollata, il vociare del pubblico si spegne lentamente. Si accende una luce,
da una porta esce una figura, sale le scale del palco, in scena solo
una sedia e un leggio.
È appena entrato Carlo
Lucarelli e il fascino della paura invade la sala dopo un solo istante.
Un mistero misterioso è infatti quello che riesce ad essere al tempo stesso
inquietante, coinvolgente e soprattutto imperdonabile: sì perché non ha
giustificazione, non ha spiegazione, non risponde al nostro bisogno di razionalità.
Perché in fondo la paura è un sentimento bellissimo, profondo, viscerale, che ci contraddistingue, che riesce ad esercitare quel potere attrattivo, indispensabile per approfondire cosa c’è dietro il mistero e scoprire la realtà. Il cuore batte, le mani tremano, la curiosità incalza e gli occhi si accendono: vivere la paura e non fuggirvi permette di provare emozioni fortissime, fisiche, tangibili. Per restare infine sempre un po’ delusi nello scoprire che forse tra buio e luce non c’è differenza, non cambia niente. Ma sono balle: nel buio, ci sono i mostri.
Articolo a cura di Fabio Gaudiosi
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