Siamo al Salone del Libro di Torino 2024 e un saluto dagli Irregolari del Festival del Giallo città di Napoli. Siamo alla presentazione del nuovo libro di Francesca Fagnani, “Mala. Roma criminale”, intervistata da Andrea Malaguti, Giovanni Melillo e Antonio Pascale.
In questo romanzo si racconta la criminalità nella Capitale partendo dall’assassinio di Diabolik. Il modus operandi dell’omicidio è inedito per Roma, infatti solitamente “non si spara” e i clan riescono a vivere pacificamente. Questo grazie alle dimensioni della città che consentono di evitare guerre che potrebbero attirare le forze dell’ordine. Ma c'è un'eccezione: Fabrizio Piscitelli, capo degli ultras della Lazio, viene freddato da un colpo di pistola il 7 agosto 2019 alle 19:00, alla luce del sole e in un parco affollato, da un sicario vestito da runner. Il caso viene definito da tutte le testate giornalistiche come un “omicidio dalle modalità mafiose”. Attualmente il processo è ancora in corso e i mandanti ancora ignoti, del killer invece si conosce l’identità.
Esiste la Vulgata che a Roma non ci siano padroni, ma qualcuno che detiene le redini del panorama criminale c’è: Michele Senese detto “O Pazz”, da cui Diabolik ha fatto scuola. Nella Città Eterna domina anche la mafia albanese, inizialmente forniva solo manovalanza criminale ma, grazie alla sottovalutazione generale, è riuscita a conquistare i grandi porti di spaccio europei. Infatti, il giro dei soldi e della droga che gira a Roma non si ferma lì, ma percorre gran parte dell’Europa e del Sudamerica. È possibile osservare delle similitudini fra le dinamiche della mafia albanese e quelle della ‘Ndrangheta: entrambe presentano dei legami familiari strettissimi e, per questa ragione, un’omertà rigorosa. Infatti è molto difficile che si incontrino pentiti dell’uno o dell’altro clan, a causa della loro cieca lealtà.
Durante la conferenza l’autrice sottolinea quanto Roma sia infestata da una violenza che resta però celata nel sottosuolo e di cui non si ha una percezione mediatica. Le motivazioni enumerate sono varie, tra queste: l’evitamento delle guerre tra clan, la presenza della politica che catalizza l’attenzione, la grandezza della città che la rende ingestibile e il riciclaggio come il crimine più diffuso. Quest’ultimo, a differenza delle uccisioni, è molto complesso da rintracciare e da provare.
La Fagnani inoltre discute sull’attrattiva che ha la criminalità organizzata sui ragazzi delle periferie, giovani a cui non vengono fornite alternative valide e per cui, inevitabilmente, se trattati da cittadini di serie B, si sentono legittimati a comportarsi come tali.
Durante l’evento siamo anche riusciti a porre una domanda all’autrice.
"Nel suo libro il focus è la presenza sottesa della criminalità a Roma ma racconta anche come poi si espande a macchia d’olio nel resto d’Italia e del mondo. Secondo lei quali sono i denominatori comuni che permettono l’avverarsi di tale fenomeno?"
"Parliamo di una criminalità contemporanea, quindi una criminalità con dei tratti distintivi che sussistono in certe mafie ma anche con nuove modalità che si servono della moderna informatica, tra queste: comunicano attraverso dei cryptofonini, i grandi narcos albanesi che sfamano le piazze romane agiscono e muovono carichi dall’Olanda o dal Belgio ma non necessariamente da Roma, trattano direttamente con i cartelli criminali o con i cartelli colombiani e tutti si avvalgono dei cosiddetti “broker” che parlano altre lingue. Questo vale per tutti i sistemi di narcotraffico e anche Roma ha le sue caratteristiche: ad esempio non c’è personaggio che abbia nome e cognome, hanno tutti un soprannome come "Diabolik" o "‘O Pazz". Però a prescindere dalle peculiarità distintive, è possibile rintracciare delle caratteristiche internazionali molto contemporanee e molto tecnologiche nelle criminalità odierne che permettono loro di essere anche interconnesse".
Articolo a cura di Gaia Cimbalo
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