Di Matteo Rossi
Alla quarta e ultima
giornata del Festival del Giallo, i riflettori si accendono su un progetto
editoriale che fonde giustizia, narrazione e illustrazione: “7 Crimini”, la
serie a fumetti firmata da Katja Centomo ed Emanuele Sciarretta, con il
contributo del criminologo Massimo Picozzi. A dialogare con gli autori è stata
Maria Elisa Aloisi, giurista e autrice, che ha accompagnato il pubblico alla
scoperta di un’opera in grado di raccontare il crimine attraverso il filtro
inedito del graphic novel. Centomo, con alle spalle una lunga carriera
nel fumetto per ragazzi, racconta come l’incontro con Sciarretta, avvocato
civilista e appassionato lettore di fumetti, abbia cambiato il suo percorso
professionale. La loro collaborazione ha dato vita ad una serie in sette volumi (truffa,
violenza, estorsione, furto, omicidio, rapimento e associazione a delinquere) in
cui ogni reato è al centro di una storia a sé, legata però da una cornice
narrativa comune: un giudice in pensione, Massimo D’Ettori, racconta a un amico
sette casi giudiziari della sua carriera. Il numero sette non era programmato
fin dall'inizio: l’idea era quella di costruire una collana con i crimini più
forti dal punto di vista narrativo. Poi il sette si è imposto, con la sua forza
simbolica e la sua capacità di racchiudere un ciclo compiuto. A questi volumi
si aggiunge anche un'ottava storia, disponibile nell’edizione integrale, che
chiude l’arco narrativo e completa la riflessione del protagonista.
La truffa è stato il
volume inaugurale e anche quello più “libero”: un ex calciatore fallito e una
truffatrice seriale mettono in scena una vicenda brillante, dove la creatività
criminale diventa quasi uno spettacolo. «È stato quello che ci ha permesso di
giocare di più» ha spiegato Centomo. Ma già dal secondo volume il tono cambia.
La violenza affronta con attenzione e responsabilità il tema delle molestie sul
lavoro, evitando semplificazioni e lavorando sull’equilibrio tra i personaggi,
entrambi posti sullo stesso piano narrativo e morale. Il volume dedicato al
rapimento è stato l’occasione per inserire un elemento raro nella narrativa a
fumetti: un processo civile. Come fa notare Maria Elisa Aloisi durante
l’incontro, "è un terreno poco esplorato rispetto ai più comuni procedimenti penali".
Il caso racconta di un uomo che crede di essere stato rapito da bambino, e
l’espediente narrativo permette di introdurre il tema del disconoscimento di
paternità. Non è stato il più difficile da scrivere, ma rappresenta una sfida
originale per il taglio giuridico e la sensibilità necessaria nel trattare
dinamiche familiari e identitarie.
Il processo creativo si è sviluppato in modo
collaborativo: Centomo curava la struttura narrativa, mentre Sciarretta
vigilava sulla plausibilità giuridica. Le idee nascevano in momenti inattesi,
poi si passava alla costruzione delle tavole, un lavoro che richiede rigore
formale e una forte intesa tra parola e immagine. Ogni vignetta ha un peso e
deve contenere informazioni precise, ma anche emozioni, atmosfera, ritmo. Anche
la scelta dei disegnatori è stata calibrata, per le storie più complesse sono
stati scelti stili più cupi e realistici, mentre per i casi più dinamici si è
optato per tratti più leggeri. La selezione è avvenuta in parte su proposta
degli autori e in parte in accordo con l’editore.
“7 Crimini” è un esempio
riuscito di racconto che fonde legalità e immaginazione, processo e personaggi,
diritto e dramma. Non è solo un fumetto, ma un laboratorio narrativo che ha
aperto un linguaggio nuovo per parlare di giustizia. E se la serie si chiude
formalmente con il settimo crimine (più un ottavo in appendice), gli autori
hanno già lasciato intendere che si sta lavorando ad un possibile sviluppo
dell’universo narrativo. Perché il crimine, come la letteratura, ha molte facce
(e molte storie ancora da raccontare).
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