"Da Siviglia arriva Susana Martìn Gijòn". Prima giornata di Festival del Giallo

 

Di Matteo Rossi

Un appuntamento intenso e coinvolgente ha avuto come protagonista Susana Martín Gijón, una delle voci più originali del noir spagnolo contemporaneo, che torna al festival del giallo dopo aver presentato, lo scorso anno, il suo primo romanzo tradotto in italiano: "1580: Morte a Siviglia”. L’incontro si è svolto in un clima di confidenza e profondità, guidato con brillantezza e sensibilità da Francesca Mogavero, editor attenta, lettrice appassionata e interlocutrice acuta, capace di dar vita ad un dialogo stimolante e autentico. A fare da filo conduttore è “Progenie”, il romanzo della Gijòn già tradotto e pubblicato in Italia, che conferma un’importante tappa per l’autrice: “Tra tutti i paesi, era proprio l’Italia quello in cui desideravo vedere tradotti i miei libri” racconta. 
Nel romanzo, la protagonista, l’ispettrice Camino Vargas, si presenta come un personaggio fuori dagli schemi: “di solito i detective hanno traumi, dolori irrisolti, non dormono, non mangiano. Camino invece sì: mangia, dorme, balla, si gode la vita. Mi annoiano i cliché del poliziotto tormentato. Camino è diversa”. E in effetti, come sottolinea Mogavero, il romanzo si apre proprio con lei che balla. Un altro tratto distintivo è la coralità dei personaggi: “non sono comparse, né figure funzionali” spiega l’autrice “sono persone vere, con famiglie, con problemi, con una vita propria. Come Teresa, la prima poliziotta di Siviglia, prossima alla pensione. Lei ama il suo lavoro ma ama anche essere nonna, questo crea un equilibrio con la tensione del serial killer che si aggira per la città”.  Anche la maternità, con le sue molteplici sfaccettature, è un tema centrale: “nel romanzo si parla di maternità, ma anche di non maternità. In spagnolo, come in italiano, non esiste una parola per indicare una donna che non è madre per scelta. Camino non vuole figli, non perché non può, ma perché non sente quel desiderio, e fatica a comprendere le donne che invece lo provano. Questo le impone un percorso interiore, una crescita necessaria per risolvere il caso”. 
Mogavero evidenzia anche il rapporto tra Camino e il collega Pasquale: “lui è l’opposto di ciò che appare: ha un aspetto robusto, viene da una famiglia militare, sembra burbero, maschilista… invece è empatico, sensibile, premuroso. Camino, al contrario, è dura, pratica, poco incline alle emozioni”. Questo ribaltamento nasce, come spiega l’autrice, da come veniamo educati: “dalle donne ci si aspetta di essere dolci, ma spesso non è così. E anche gli uomini, quando vengono lasciati liberi, rivelano lati insospettabili”. 
Nel libro, un elemento particolare che accompagna Camino: le formiche. Un regalo del fratello, pensato per prenderla in giro, che diventa per lei un modo per osservare il mondo: “Camino prende decisioni d’impulso, ma quando osserva le formiche, qualcosa in lei cambia. Le formiche le insegnano la pazienza. E poi sono una metafora perfetta che mostra come può funzionare un gruppo, un sistema, un’indagine”.
Sul piano personale, Martín Gijón riflette su quanto ci sia di sé nei suoi personaggi: “credo che in ognuno si lasci qualcosa di proprio. Ma proprio mentre si pubblica un libro, si vive anche un distacco. Camino ha caratteristiche che ammiro, che vorrei avere… ma non saprei dire cosa esattamente c’è di me in lei”. 
A concludere Gijón ha annunciato il suo prossimo libro, in uscita a ottobre, ambientato nella Granada del XVI secolo: “un’epoca complessa, affascinante. Siviglia all’epoca era ricchissima, Granada invece era in decadenza. Per raccontare quel mondo ho dovuto lavorare su fonti primarie non tradotte, studiare usi, linguaggi, abitudini alimentari e recarmi spesso in città. In un romanzo storico, serve conoscere tutto: anche perché nel nuovo libro, i personaggi realmente esistiti si intrecciano con quelli inventati. E la credibilità è tutto”. “Mi definisco ossessiva quando si tratta di ricerca” conclude “ma solo così riesco a scrivere ciò che io stessa amerei leggere: storie che uniscano tensione, umanità e temi che mi stanno davvero a cuore”.
L’incontro con Susana Martín Gijón ha mostrato come il noir possa essere molto più di una semplice indagine: può diventare uno specchio sociale, uno spazio di riflessione sulle identità, sulle scelte, sui ruoli che ci vengono imposti e quelli che decidiamo di assumerci. Tra madri e non madri, corpi vivi e corpi scomparsi, formiche e poliziotti, la scrittura dell’autrice spagnola scava nelle relazioni umane senza rinunciare alla tensione narrativa.

 

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