"Tutti i segreti di Capri: Raffaele Marino, Renato Esposito e Luca Crovi". Seconda giornata di Festival del Giallo
Di Matteo Rossi
Durante l’incontro “Tutti
i segreti di Capri”, svoltosi dura la seconda giornata del Festival del Giallo,
Luca Crovi dialoga con Raffaele Marino e Renato Esposito, autori del libro
“L’isola dei suicidi imperfetti”. Insieme guidano il pubblico in un
racconto a più voci che attraversa la luce e l’ombra di Capri, ripercorrendo
una vicenda reale dai contorni ancora irrisolti. Il volume nasce da un’indagine
giornalistico-giudiziaria attorno alla misteriosa morte di Nada Grohovac,
avvenuta nel 1988 a Capri. Quella che a prima vista fu archiviata come un
suicidio, nel tempo ha assunto i contorni di un caso irrisolto, ricco di
contraddizioni, omissioni e possibili depistaggi. Il corpo della donna fu
ritrovato seminudo, con un biglietto in cui dichiarava di voler essere cremata.
Il marito, che la descrisse come inquieta e instabile, fu il primo a sostenere
l’ipotesi del suicidio. Ma fin da subito emersero elementi sospetti: la scena
sembrava costruita e l’intero contesto dava l’impressione che qualcuno volesse
guidare gli inquirenti verso una conclusione precisa.
Lo stesso Esposito, originario di
Capri, spiega che vivere sull’isola significa convivere con una realtà
ambigua, a metà tra incanto e disincanto. "E' come vivere in un teatro” afferma. Capri è affascinante ma anche inquietante, e raccontarla significa
restituire questa ambivalenza. Non a caso, Camilleri, interrogato da Esposito sul
perché gli autori non ambientassero i gialli sull’isola, rispose che "per i gialli c'è bisogno di certezze", al contrario Capri è sfuggente, mutevole, quasi irreale.
Marino racconta che l’idea del libro nasce proprio in piazza a Capri,
quando gli autoctoni gli parlarono di quel caso dimenticato. E così lui stesso ne ricostruì le tappe, lesse gli atti e i documenti e decise di raccontare la storia in ordine cronologico,
senza anticipare nulla al lettore. L’intento non era quello di dare una
risposta definitiva, ma di mostrare quanto l’intera vicenda fosse più complessa
della versione ufficiale.
Determinante fu la tenacia della sorella di Nada, mai veramente convinta della tesi sul suicidio. Fu Nada a scrivere ad un avvocato per trovare
nuove prove, e fu solo grazie a lei che il caso venne riaperto dopo due anni e
mezzo. Ma ormai era troppo tardi: le prove si erano disperse, i testimoni si
erano allontanati e la verità si era fatta opaca.
Marino spiega come il
contesto fosse fortemente politicizzato. Era alla fine degli anni Ottanta,
alla vigilia di Tangentopoli e attorno a Nada ruotavano interessi, relazioni
pericolose e un certo sistema di potere che iniziava a scricchiolare. Lo stesso marito, a quanto pare, era vicino ad ambienti politici immischiati con le mafie. Ciò spiegherebbe perché, ad un certo punto, Nada sia diventata una
figura scomoda. Secondo Marino, si trattò forse di una convergenza di
interessi: la combinazione tra la fragilità privata della donna e la sua
posizione, diventata improvvisamente pericolosa per qualcuno.
Esposito ricorda come l’isola venga spesso raccontata dagli stranieri come un posto dove anche
un monaco potrebbe perdere il controllo. La bellezza abbaglia, ma al tempo
stesso copre un fondo oscuro.
Per scrivere il libro, Esposito e Marino hanno lavorato in modo complementare,
partiti da una camminata sull’isola, si sono immersi nell’atmosfera sospesa del
luogo. Esposito ha scritto la parte iniziale, Marino ha curato la sezione più
documentale, basandosi su atti giudiziari, relazioni, interrogatori e
archiviazioni. Marino, ex magistrato, ammette quanto sia stato difficile
scrivere in modo chiaro e accessibile, “ho cercato di togliermi il giuridichese
da dosso” per evitare il linguaggio
tecnico della giustizia. Il suo obiettivo era far comprendere a chiunque, non solo la storia, ma anche i meccanismi che portano certi casi ad essere chiusi
e poi riaperti, anche più volte.
Crovi definisce il
libro “avvincente come un romanzo, ma informativo come un reportage”, e in
effetti è questa la sua forza: tenere insieme rigore e narrazione, far sentire
il lettore coinvolto in una vicenda che è vera, ma che sembra uscita da una sceneggiatura
noir. Alla fine, non ci sono risposte certe. Non si sa con precisione chi,
cosa, perché. Ma ci sono i fatti, le incongruenze e un lavoro accurato che non
pretende di risolvere, ma di ricordare.
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