IL TEMPO DELLA NOTTE – EPISODIO UNO DEL NUOVO PODCAST PRODOTTO DA GIALLI.IT PER IL FESTIVAL DEL GIALLO
Per sentirne la prima puntata premi sul link:
https://open.spotify.com/episode/1WS32YcsV5cyMqq1HpvTaO?si=kMS9bJEHS3emKBYDYSVv9g
Non sono un impostore. Per quanto possiate credere il contrario io non sono un impostore. Sono solo un uomo con una storia da raccontare. Solo un uomo, un uomo solo, avvolto dalla notte. Ho amato sempre le storie. Soprattutto quelle avvolte dal mistero, quella intangibile ombra sottile che copre di fascino le cose più inaccessibili. Mi sono interrogato spesso sul suo profumo, sul suo colore, sul brivido che accarezza la schiena ogni volta si sia al suo cospetto. Il mistero è la forza che trascina gli occhi dell’uomo verso l’invisibile, l’attimo prima di aprire il respiro allo sguardo del mondo, l’inafferrabile verità che fa battere un cuore. La tensione che scorre lenta nelle vene del braccio, prima di volerlo muovere per coglierne l’origine. È solo una direzione, mai una destinazione. La mia storia, d’altronde, si muove nei meandri della notte, quella buia, profonda, impenetrabile. Si muove tra gli acuti suoni dei gabbiani nello scroscio incessante di un giorno di pioggia. Gli occhi bagnati di pioggia nel valzer della tempesta. Un tonfo. Un boato. Un tuono. È buio pesto, apro gli occhi, non so dove sono, non so che ore sono, non so chi sono: tutto attorno a me è mistero. Mi guardo le braccia, le mani, il petto, le gambe, ho tagli, ovunque scorre sangue che bagna la terra. Sono in un cortile. Sembra quasi un chiostro. Attorno a me tutto è buio, tutto è nebbia. Sento un vento gelido spezzarmi le ossa, i capelli arruffarsi tra mille aliti di pioggia. Sono su un terrazzo, mi sembra di scorgere un’ampia distesa davanti a me, ma il buio sembra proiettarmi un quadro dipinto di nero davanti agli occhi. Mi accorgo solo ora di avere qualcosa in tasca, provo a tastarla e poi la afferro. Non è un telefono, è più grosso, sembra un registratore. Tutto ciò che ho quindi, al momento, è questo. Mi siedo a terra poiché le mie gambe non reggono più il peso della mia stanchezza. Guardo il vuoto, il registratore in mano. Gioco con i tasti, premo quello di accensione e la luce del display illumina improvvisamente i miei occhi bagnati dal buio. Il registratore funziona, sembra l’unico indizio che ho. Guardo lo schermo, compare il menù, vedo cosa c’è dentro. Trovo diversi file, il cui titolo della cartella recita: “Il tempo della notte”. Le registrazioni appaiono numerate, ordinate in una progressione di cui non comprendo la logica. Cosa è successo, dove sono, perché sono lì… Non ricordo nulla. Persino la notte davanti a me ora è un muro. Accelerano i battiti, il respiro si fa spezzato, un’ansia mi assale. Mi accorgo di essere spaventato ma anche incuriosito da tutto ciò. Piove troppo, non posso restare fermo lì. Mi alzo, cercando di scorgere l’entrata che dia accesso a quella terrazza. Trovo una finestra, ma è chiusa dall’interno. Sotto le tende però, mi sembra di scorgere una luce. Busso incessantemente, sperando che qualcuno possa aprirmi dall’interno, quando improvvisamente la porta mi si spalanca davanti. Non c’è nessuno però ad accogliermi. Un fuoco piacevole riscalda l’antro di un salone elegante, ma tutto in quella stanza mi fa sentire a disagio, inappropriato, fuori posto. Provo un’inquietudine mista al desiderio di capire cosa stia avvenendo, sono in un gioco in cui non solo non immagino le carte del mio avversario ma non conosco neanche le mie. Riprendo in mano il registratore pensando che magari quegli audio possano aiutarmi. Premo per riprodurre la prima: mi accoglie una voce calda, profonda, persino tagliente. Sembra darmi il benvenuto, poi si chiede cos’è il mistero. “In una città come Napoli parlare di mistero è un po' come parlare di una delle sue più interessanti sfaccettature e per me il mistero è un qualcosa che può essere definito in vari modi. Il mistero è qualcosa che si ignora e quindi è qualcosa che use la nostra comprensione. Questa è l'accezione diciamo ormai più diffusa di questo termine, ma il termine nella sua accezione originaria greca aveva un significato abbastanza diverso. Il mistero era tutto ciò che era legato a quei riti di iniziazione che erano così importanti per alcune religioni e per alcuni culti, in particolare parliamo di quelli greci per esempio. Coloro che partecipavano ai misteri erano coloro che entravano in un nuovo mondo, in un nuovo universo, entravano a far parte della cerchia degli iniziati al culto. Questo è vero per Napoli in maniera particolare.Napoli, quindi è una città misteriosa perché è una città che nasconde una moltitudine di aspetti non immediatamente comprensibili, ma è anche una città che ha dato vita a tutta una serie di punti o che ha accolto una serie di punti per i quali la parola mistero è perfettamente calzante. Ma quando è che il mistero diventa paura, diventa terrore? La risposta è molto semplice. Il mistero diventa paura, diventa terrore quando non si conosce, quando piuttosto che fare appello alla conoscenza, coloro che approcciano a un certo tipo di mondo o a un certo tipo di discorsi fanno appello alle suggestioni semplicemente o, ancora più terribile, a quei modi di trasmettere la conoscenza in maniera totalmente superficiale senza andare al di là dell'apparenza, di quello che sembra e che non è. Quindi il mistero fa paura a coloro che ignorano.Nel senso di ignorare in senso piuttosto lato, perché non hanno quegli strumenti, talvolta anche minimi, per poter sollevare il velo, come ci direbbe il Principe di Sansevero” (intervento di Martin Rua, rilasciato per noi in occasione del Festival).La voce si interrompe, il fuoco si estingue. Tutto attorno a me tace. Il buio è calato nuovamente nella notte più profonda. Comincio a sudare, le mani si fanno scivolose, mi alzo di scatto e lascio cadere a terra il registratore. Sento un rumore di passi alle spalle. I miei occhi sentono tutto il peso della notte. Adesso ho paura.
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