"Quest'anno ha vinto lo Scerbanenco: Orso Tosco". Prima giornata di Festival del Giallo


Di Fabio Gaudiosi

Orso Tosco torna al Festival. Lo fa dopo aver vinto il premio Scerbanenco con “L’ultimo Pinguino delle Langhe”, l’ennesima riprova, laddove ve ne fosse bisogno, della sua bravura. Lo fa con un nuovo libro, “La controra del Barolo”, una trama intrigante, un crimine complesso, una storia da raccontare. Il Pinguino ligure espulso dalla Liguria, mandato a calci a lavorare in Piemonte. Un caso particolare, sadico: un furto di cadavere, seguito da altri. 
Immaginare la logica del colpevole è quasi impossibile, bisogna cercare di capire qual sia la tipologia di vittima. Una soluzione che il pinguino intuisce solo sfidando la psicologia del suo criminale, immaginando che il modo più efficace per stoppare i furti sia organizzare un finto funerale, scegliendo un cimitero adatto: il cimitero di Bergolo è in cima alla montagna, assume un significato poeticissimo. C'è solo una strada per raggiungerlo. Il pinguino riesce a scoprire chi è che ruba i cadaveri: è qui che la scrittura si ricollega alla realtà. Orso Tosco, infatti, lesse una notizia di un gruppo di cinesi che rubava cadaveri in Cina in virtù di una tradizione: quando muore un giovane non sposato, ogni famiglia si pone un problema eterno dovendo trascorrere la solitudine nella propria fossa. Dunque, i colpevoli della storia non possono che essere i cinesi. Nei suoi romanzi si pone l’accento sulla centralità delle province, attraverso descrizioni particolareggiate del luogo in cui ha sede ogni avventura del Pinguino, in una necessaria simbiosi che si crea tra ambientazione e personaggio. 
Dinanzi a lui però figura il notaio, uomo senza nome e senza luogo, solo nella sua caratterizzazione. Orso Tosco combina una quota di tradizione con il proprio diritto di sperimentare, cifra del suo stile. La sua ricerca, la sua volontà di lavorare su luoghi che abbiano una forte identità, dipende dal desiderio di rendere omaggio ad ambientazioni piene di fascino e personalità, capaci di aiutarlo nel restituire ai personaggi i profili più profondi della loro anima. In conclusione, Orso Tosco sceglie il noir per la possibilità che offre questo genere di scappare da qualsiasi definizione, fino ad essere contraddizione: estremamente personale e anche impersonale, profondamente poetico ma anche sgarbato. Con una consapevolezza: la cronaca nera italiana è nefasta, fa credere a qualsiasi spettatore che il protagonista sia un mostro, un soggetto lontano da demonizzare. Il noir invece restituisce un ritratto fedele, umano, su cui costruire la narrazione: è così che diventa politico. 

 

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