"Loriano Macchiavelli e il debito per i suoi maestri". Seconda serata di Festival del Giallo

 

 Di Claudia Siano 

Non basta studiare tutta la vita, lavorare sodo, pubblicare con Einaudi e Mondadori, contare oltre una quarantina di pubblicazioni, essere tradotto all’estero, aver scritto per teatro, radio e tv, a colmare il debito di Loriano Macchiavelli nei confronti dei suoi maestri. Da Scerbanenco ad Attilio Veraldi, in tutto quel tempo che è passato dal primo romanzo “La pista dell’attentato” risalente al 1974, Loriano Macchiavelli ha incantato il Cenacolo Belvedere ieri sera al Festival del Giallo città di Napoli con la sua disarmante umiltà, con il suo debito e la sua ammirazione nei confronti dei suoi riferimenti letterari, la gratitudine di aver potuto appoggiarsi a dei fari quando era giovane. Macchiavelli ha dimostrato che quando si arriva all’apice della carriera, è quello il momento di ricominciare, di ripartire, di urlare ancora quello che non va. 

Il più grande male è l’immobilità, l’assenteismo, l’ha capito lui che ha sperimentato per tutta la vita ma sente ancora dentro di sè quella forte esigenza di sperimentare, quella che non si spegne, neanche quando la vita l’hai vissuta e raccontata in ogni modo possibile.
Macchiavelli lancia un invito ai giovani che possono ancora dire, ancora chiamare le cose con i loro nomi e non avere paura. Agli occhi accesi del grande Loriano Macchiavelli e al lascito di cui siamo tutti debitori, quanto lui con i suoi maestri.

 

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